PADRE PIO E IL SACRAMENTO DELLA CONFESSIONE.

È chiamato sacramento della Confessione perché la confessione dei peccati davanti al sacerdote è un elemento essenziale di questo sacramento, anche perché è una «confessione», cioè il riconoscimento e lode della santità di Dio e della sua misericordia verso l’uomo peccatore; è anche  chiamato sacramento del Perdono poiché, con l’assoluzione sacramentale del sacerdote, Dio accorda al penitente « il perdono e la pace ».

Per la Confessione Padre Pio impiega molte ore della sua giornata; egli tira fuori tutto dall’animo del penitente  con la sua visione interiore e senza lasciargli alcuna possibilità  a dubbi o confusione nell’animo; non era possibile mentire a chi riusciva a vedere nel profondo dell’anima, tant’è che, alcune volte, quando ha davanti penitenti emozionati che non riescono ad esprimere con facilità  le loro mancanze, è padre Pio che glieli elenca.

Padre Pio invita i fedeli ad avvicinarsi alla Confessione, al più tardi, almeno una volta a settimana, perché, come è solito dire, anche una stanza, pur restando chiusa, ha la necessita di essere spolverata, almeno una volta alla settimana.

Padre Pio pretende una conversione vera e propria e non sopporta nel modo più assoluto chi, con la scusa di essere da lui confessato, è soltanto curioso di vedere il suo volto o le sue stigmate.

Un suo confratello è presente quando, una volta, padre Pio nega l’assoluzione ad un tale che si è confessato, dicendogli anche, in un tono un po’ aspro, che “Se fosse andato a confessarsi da un altro sacerdote, sarebbe andato all’inferno lui ed il prete che lo avrebbe assolto dai peccati”, come a volergli dire che, se non si ha nel profondo dell’animo il preciso intento a cambiare la propria vita, si compie atto sacrilego e scellerato e chi lo commette è colpevole davanti agli occhi di Dio.

Molto spesso, infatti, Padre Pio tratta i fedeli con “chiara e visibile durezza” , ma quel “rimprovero” provoca nell’animo dei penitenti, una trasformazione in una forza interiore ai loro cuor, che li spinge a ritornare da Padre Pio, pentiti e contriti, e riceverne finalmente  l’assoluzione.

}… Accade ad un signore che, in un giorno imprecisato tra il 1954 e il 1955, va a San Giovanni Rotondo per confessarsi da Padre Pio; alla fine dell’elenco dei suoi peccati, padre Pio gli chiede se ha altro da confessare; alla risposta negativa di quel signore, padre Pio glielo domanda una seconda volta ed ancora una terza volta, ma riceve sempre una risposta negativa.  A questo punto, padre Pio si scatena come un uragano contro il penitente che ha davanti e gli urla contro dicendogli di andar via immediatamente perché non è pentito dei suoi peccati!.

Quel’uomo rimane interdetto e pietrificato, anche per la vergogna che prova davanti a tanta gente presente nei pressi del confessionale ed in chiesa, e quando cerca di dire qualcosa a sua giustificazione, padre Pio continua ad urlargli contro dicendogli di stare zitto e che è soltanto un chiacchierone; visto che ha già parlato tanto, ora sarà lui a parlare: gli rinfaccia di frequentare spesso le sale da ballo e che il ballo è un invito al peccato.

Stupito e turbato non sa che cosa rispondere a quel monito del frate; ma, pentito, promette di correggere la sua condotta morale: a questo punto Padre Pio concede l’assoluzione.

}… Un altro signore, un giorno, confessa di dire bugie quando è in compagnia, tanto per tenere allegra la comitiva degli amici. Padre Pio gli risponde che questo è il modo di andare all’inferno scherzando!.

}… Un’altra volta, Padre Pio dice ad un signore, che è in  confessione, che, quando mormora e parla male di una persona, vuol dire che non l’ama più e che l’ha cancellata dal suo cuore; ma deve tener presente che così facendo, cancella anche Gesù dal suo cuore.

}… Un altro giorno gli viene chiesto di benedire una casa; quando giunge sulla porta della cucina non entra, perché sostiene che lì dentro ci sono i serpenti. Ad un sacerdote che sa che, spesse volte, va in quella casa per mangiare, lo invita a non andarci più, perché lì si mormora e si critica.

}… Un uomo, di origine marchigiana, è, con un suo amico, partito a bordo di un camion, che trasporta dei mobili, ed è diretto in un paese nelle vicinanze di San Giovanni Rotondo.

Mentre affronta l’ultima salita, quando è sul punto di giungere a destinazione il camion va in avaria e si ferma; vano è ogni tentativo di farlo ripartire. Quest’uomo, che è l’autista, incavolato al massimo e pieno d’ira, comincia a bestemmiare.

Il giorno seguente, riparato il camion, i due uomini approfittano della vicinanza e vanno a San Giovanni Rotondo, anche perché lì abita la sorella di uno dei due, la quale, riesce a portarli anche in chiesa ed a lasciarsi confessare da Padre Pio. Il primo dei due, arrivato il proprio turno, viene cacciato bruscamente dal frate; è il turno dell’autista che comincia l’elenco dei suoi peccati con quelli commessi il giorno prima, confessando a Padre Pio di essersi arrabbiato molto perché il camion si era rotto, e, in preda all’ira, comincia a bestemmiare; a questo punto Padre Pio tuto infuriato gli grida: “Sciagurato! Hai bestemmiato la Mamma nostra! Che ti ha fatto la Madonna?”. E, come ha fatto con il primo, caccia via bruscamente anche il secondo.

}… A San Giovanni Rotondo, un giorno arriva  una bambina indemoniata che urla come un ossessa, non lasciando riposare gli ospiti dell’albergo in cui anche lei alloggia; la mamma, poverina, la porta tutti i santi giorni in Chiesa, sperando che Padre Pio la liberi dal demonio che la possiede. Ma anche in chiesa avviene un putiferio indescrivibile che costringe la mamma ad andare via.

Accade, però, che una mattina, dopo l’ora della confessione delle donne, Padre Pio, mentre attraversa la chiesa per ritornare in convento, si trova davanti la bambina che urla, come sempre, in un modo indemoniato ed è, a mala pena, trattenuta da due uomini.

Il Santo Frate, infastidito da tutto quello scompiglio, pesta violentemente il piede della bambina, aggiungendo poi una forte percossa sulla testa, gridandole bruscamente di smetterla di urlare così furiosamente; in quel preciso istante, la piccola cade a terra svenuta.

E’ lì presente un medico, al quale Padre dice di portarla da San Michele, nel vicino santuario di Monte Sant’Angelo; appena giungono, entrano nella grotta dove è apparso san Michele e dove c’è un altare dedicato all’Angelo. E’ proprio vicino all’altare che la bambina si risveglia, ma vano è ogni tentativo che si fa per farla avvicinare di più, fino a quando un frate riesce anche a fargliela toccare; come colpita da una scossa elettrica, la bambina cade a terra e si riprende poco più tardi come se nulla fosse successo, chiedendo dolcemente alla mamma di comprarle un gelato.

Ritornano tutti a San Giovanni Rotondo per portar la lieta notizia e ringraziare Padre Pio per l’avvenuto miracolo; il frate, prima di congedare la madre della piccola, le raccomanda di dire  a suo marito di non bestemmiare più, per evitare che il demonio potesse ritornare.

}… Qui di seguito si riporta un colloquio di padre Pellegrino avuto, un giorno, con Padre Pio: “Padre, lei stamattina ha negato l’assoluzione per un procurato aborto ad una signora. Perché è stato tanto rigoroso con quella povera disgraziata?”.

Padre Pio rispose: “Il giorno in cui gli uomini, spaventati dal, come si dice, boom economico, dai danni fisici o dai sacrifici economici, perderanno l’orrore dell’aborto, sarà un giorno terribile per l’umanità. Perché è proprio quello il giorno in cui dovrebbero dimostrare di averne orrore. L’aborto non è soltanto omicidio ma pure suicidio. E con coloro che vediamo sull’orlo di commettere con un solo colpo l’uno e l’altro delitto, vogliamo avere il coraggio di mostrare la nostra fede? Vogliamo recuperarli si o no?”

“Perché suicidio?” chiese padre Pellegrino.

“Assalito da una di quelle insolite furie divine, compensato da uno sconfinato entroterra di dolcezza e di bontà, padre Pio rispose: “Capiresti questo suicidio della razza umana, se con l’occhio della ragione, vedessi “la bellezza e la gioia” della terra popolata di vecchi e spopolata di bambini: bruciata come un deserto. Se riflettessi, allora si che capiresti la duplice gravità dell’aborto: con l’aborto si mutila sempre anche la vita dei genitori. Questi genitori vorrei cospargerli con le ceneri dei loro feti distrutti, per inchiodarli alle loro responsabilità e per negare ad essi la possibilità di appello alla propria ignoranza. I resti di un procurato aborto non vanno seppelliti con falsi riguardi e falsa pietà. Sarebbe un abominevole ipocrisia. Quelle ceneri vanno sbattute sulle facce di bronzo dei genitori assassini.

Il mio rigore, in quanto difende il sopraggiungere dei bambini al mondo è sempre un atto di fede e di speranza nei nostri incontri con Dio sulla terra.