DESCRIZIONE DELLE 44 CAPPELLE – PORTA AUREA – SCALA SANTA.


Il Sacro Monte di Varallo è uno dei 9  Sacri Monti della Lombardia e del Piemonte, inseriti nella lista del patrimonio dell’umanità, fa parte dell’UNESCO – United Nations Educational Scientific and Cultural Organization – Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione Scientifica e Culturale.

Questo Sacro Monte è divisa in due precise zone: la prima tutta in salita e la seconda sulla sommità.

La prima è, sin dal suo ingresso, attorniata da piante, da alberi e verde e curate proprio come se fosse un giardino; le cappelle, che si incontrano lungo il percorso, rappresentano scene della Vita di Gesù fino alla diciannovesima.

La seconda zona, a cui si accede dalla Porta Aurea, è stata ideata come una vera e propria città, con palazzi, portici e piazze; le cappelle, che si trovano in questa zona, mettono in risalto la “Vita di Gesù, con alcune vicende avvenute fuori e dentro le mura di Gerusalemme, come ad esempio l’ultima Cena, il martirio ed il supplizio, alla morte in Croce, ai Sepolcri, alla sua Resurrezione, fino all’Assunzione della Beata Vergine Maria (ultima Basilica).

Questa è la caratteristica diversifica il Sacro Monte di Varallo da tutti gli altri.

1ª Cappella:  è dedicata ad:  Adamo ed Eva o al Peccato Originale.

Costituisce l’inizio del percorso previsto; non era prevista nel progetto originario ed è stata ideata e realizzata, tra il 1565 ed il 1566, su espressa richiesta di Giacomo D’Adda, un facoltoso finanziere di Milano, e di sua moglie Francesca Scarognini di Varallo, dall’architetto perugino Galeazzi Alessi; le sculture sono state realizzate, tra il 1594 ed il 1598, dall’architetto e scultore di arte sacra Juan de Wespin, delle Fiandre, detto il “Tabacchetti” e dal lombardo Michele Prestinari, mentre le pitture esterne sono dei pittori milanesi Giovanni Mauro e Giovanni Battista della Rovere, detti   I Fiamminghini”; gli affreschi interni, infine, sono stati realizzati, verso la fine dell’800 da Francesco Burlazzi . In questa Cappella non vi sono scene collegate alla Vita di Gesù, ma con gli affreschi, le statue ed il resto delle sculture viene posta in risalto la disobbedienza dell’uomo al comando di Dio, tratta dal testo di uno dei primi capitoli del libro della Genesi.

2ª Cappella:  è dedicata alla: Annunciazione dell’Angelo a Maria.

È stata costruita verso il 1515; sorge prima come Santa Casa di Loreto tra il 1490 ed il 1500.

Le statue lignee sono opera di Gaudenzio Ferrari, realizzate nel primo decennio del XVI secolo.

Gli affreschi, sorti dal 1570 in poi, da principio si sostiene opera di un artista ignoto, ora, invece, sono attribuiti a Giuseppe Giovenone, nativo di Vercelli, figlio d’arte ed  allievo di Gaudenzio  Ferrari.

Dopo la scomparsa del frate ideatore del Sacro Monte, il Beato Bernardino Caimi, sono state aggiunte le due statue più significative della Cappella, in legno e stoffa, raffiguranti l’una la Vergine Annunziata e l’altra l’Angelo Annunziante.

3ª Cappella:  è dedicata a: La Visitazione.

La data presunta della sua edificazione è verso il 1543; rappresenta l’episodio della visita della Beata Vergine Maria a sua cugina Elisabetta, che, in tarda età, diventa madre di Giovanni Battista.

Le statue sono state realizzate, tra il 1544 ed il 1545, dall’architetto e scultore fiammingo Juan de Wespin, soprannominato il “Tabbacchetti”, ed a Fermo Stella, artista originario di Caravaggio (BG) ed allievo di G. Ferrari; le decorazioni, invece, sono state rifatte, alla fine del XIX secolo, dal pittore Andrea Bonini da Varallo.

4ª Cappella:  è dedicata a: Il sogno di San Giuseppe.

E’ il sogno che San Giuseppe ha quando viene a sapere che la Beata Vergine Maria, sua promessa sposa, è già in attesa di un bambino; preso da un forte turbamento, è intenzionato a ripudiarla, così come prevede la legge ebraica.

A rassicurarlo è l’Angelo inviato da Dio, che in sogno gli spiega quanto sta accadendo e come deve comportarsi per gli eventi futuri, secondo il disegno di Dio.

L’edificazione della Cappella avviene tra il 1603 ed il 1604, nel piccolo portico gaudenziano, sorto circa un secolo prima (1510/1515); il gruppo delle statue lignee sono realizzate, quasi nello stesso periodo dell’edificazione della Cappella, da Giovanni d’Errico, architetto e scultore, originario di Alagna Valsesia, in provincia di Vercelli; le decorazioni, invece, sono state realizzate moltissimo tempo dopo, nel 1927, dai pittori Giuseppe Braziano da Borgosesia e dal Lucrezio Regaldi da Varallo.

5ª Cappella:  è dedicata a: I Magi a Betlemme.

Qui è tutta opera del valente pittore, scultore ed architetto Valduggese e dei suoi fidi collaboratori, sia per l’edificazione della Cappella, avvenuta tra il 1519 ed il 1525, sia per gli affreschi e sia per il gruppo statuario policromo, realizzato in terracotta appena completati i lavori della costruzione dell’edificio.

La scena vede i Re Magi, venuti dall’Oriente per omaggiare Gesù Bambino; non  si tratta della classica scena presepiale del 6 gennaio, in cui si vedono i tre Re genuflessi nell’atto finale dell’adorazione di Gesù,  ma del cammino da loro fatto dall’Oriente a Betlemme, guidati da una stella.

6ª Cappella:  è dedicata a: La Natività.

E’ stata costruita alla fine del 1400, sotto la diretta guida del Beato Bernardino Caimi, ad imitazione della Grotta di Betlemme; le statue sono di G. Ferrari, realizzate verso il 1515-

La differenza è:  nella città natale di Gesù, vi è l’altare e sotto di esso una stella di marmo ad indicare proprio il luogo in cui è avvenuta la nascita del nostro Redentore, posto poi in una mangiatoia; in questa Cappella vi sono le tre statue del Ferrari della Natività, Maria e Giuseppe che adorano, deposto nella mangiatoia, Gesù, il figlio di Dio divenuto uomo.

7ª Cappella:  è dedicata alla: Adorazione dei pastori.

Anche questa Cappella è stata costruita verso la fine del XV secolo, sotto gli occhi vigili di Frate Bernardino Caimi; le statue sono sempre del Ferrari e datate tra il 1513 ed il 1515.

La scena è l’adorazione dei pastori nella grotta in cui nasce Gesù Bambino, non dissimile da quella che si predispone sui nostri presepi, così come ce l’aveva anche tramandata il Santo poverello d’Assisi; i pastori, che vegliano i loro greggi sulle colline di Betlemme, sono avvisati della nascita di Gesù da un Angelo, che li chiama a raccolta per rendere omaggio e doni al nostro Redentore appena nato.

8ª Cappella: è dedicata alla: Presentazione di Cristo al Tempio o Circoncisione.

E’ opera di Gaudenzio Ferrari, così come le statue e gli affreschi, tutto dello stesso periodo – tra il 1515 ed il 1516 .

La scena mette in risalto la presentazione di Gesù nel Tempio, dopo quaranta giorni dalla nascita, per essere offerto a Dio.

9ª Cappella:  è dedicata al: Secondo sogno di San Giuseppe.

I lavori della sua costruzione risalgono tra il 1566 ed il 1567; di mezzo secolo prima (1515/1516) sono le statue della Madonna e del Bambino realizzate dal Ferrari, mentre quelle dell’Angelo e di San Giuseppe sono di un anonimo artista milanese realizzate, forse, dopo l’edificazione della Cappella; gli affreschi  sono stati attribuiti al pittore varallese Giulio Cesare Luini, realizzati verso il 1573.

L’Angelo di Dio, per la seconda volta, va in sogno a San Giuseppe; dopo la visita a Gesù Bambino da parte dei pastori e dei Re Magi, l’Angelo avvisa Giuseppe di fuggire in Egitto (la fuga in Egitto), perché Erode, re della Giudea, ha messo il suo esercito alla  ricerca del Bambino per ucciderlo, provocando la Strage degli Innocenti.

10ª Cappella:  è dedicata a: La Fuga in Egitto.

La Cappella è stata costruita tra il 1578 ed il 1582, su progettazione di Galeazzi Alessi, che segue quanto contenuto nel Libro dei Misteri.

Le statue, della stessa epoca, sono di un artista anonimo, mentre gli affreschi sono del XIX secolo e sono state realizzate dal Francesco Burlazzi.

La scena mette in risalto le fatiche e le preoccupazioni che la Sacra Famiglia dovrà affrontare per il viaggio verso l’Egitto, per salvare Gesù dalla cieca ira di Erode.

11ª Cappella:  è dedicata a: La Strage degli Innocenti.

E’ una della più belle e suggestive cappelle del Sacro Monte; è stata costruita tra il 1586 ed il 1588 su richiesta e progettazione di Enrico d’Enrico o d’Errico di Alagna Valsesia (Vercelli); le statue in terracotta policroma sono state realizzate, tra il 1588 ed il 1589, dallo scultore  Giovanni Giacomo Paracca, detto il “Valsoldo” o “il Bargnola”, nativo di Valsolda (Como); quelle dell’artista lombardo Michele Prestinari sono datate tra il 1590 ed il 1594.

Gli affreschi, quasi tutti dello stesso periodo, sono dei pittori milanesi Giovanni Mauro e Giovanni Battista della Rovere, detti  I Fiamminghini”.

La scena risalta la strage che compie il re Erode nel far uccidere a Betlemme i bambini inferiore ai due anni, nel tentativo di uccidere anche Gesù, la cui nascita era stata definita “l’avvento del nuovo re”.

12ª Cappella:  è dedicata a: Il Battesimo di Gesù.

E’ stata costruita verso il 1575; le statue, del 1581, sono di un artista anonimo e gli affreschi e le decorazioni sono del pittore lombardo Gabriele Bossi, realizzati tra il 1584 ed il 1585.

La scena risalta il ritorno di Gesù  a Nazareth, dopo la morte del re Erode, e dove  riceve il battesimo da Giovanni Battista.

13ª Cappella:  è dedicata a: La tentazione di Cristo.

La Cappella è databile verso la fine del XVI secolo (1580 ?); era sorta per ospitare la scena della “Cattura di Cristo” e per “la salita al Calvario”, contenente la statua in legno di Gesù e la Croce, soprannominata “Chiesa Nera” per il colore scuro delle pareti.

Viene poi dedicata alla Tentazione del Cristo, le cui statue, dello stesso periodo, sono realizzate dal un  artista anonimo milanese; gli affreschi, invece, sono opera del pittore perugino Domenico Alfano, realizzate tra il 1599 ed il 1600.

La scena riporta il ritiro di Gesù, dopo aver ricevuto  il Battesimo, nel deserto vivendo di penitenza per quaranta giorni sotto le pressanti tentazioni del demonio: Gesù ne esce vincitore.

14ª Cappella:  è dedicata a: La Samaritana al pozzo.

L’edificazione avviene tra il 1573 ed il 1574; le statue sono realizzate dal un artista anonimo milanese e gli affreschi, invece, sono opera del pittore Gian Giacomo Testa, tutto verso il 1580.

La scena saliente è Gesù che incontra al pozzo di Giacobbe una donna della Samaria, molto nota per la sua dissoluta vita; Gesù le parla e la converte.

15ª Cappella:  è dedicata a: La guarigione del paralitico.

E’ progettata e realizzata da Galeazzi Alessi nel 1572, ma già nel 1615 subisce le prime modificazioni e ristrutturazioni da Giovanni d’Enrico, che realizza anche le statue policrome; l’autore degli affreschi  è il pittore locale Cristoforo Martinolio, denominato il Rocca, perché nativo di Roccapietra – frazione di Varallo.

La scena mette in risalto la divinità di Gesù che opera il miracolo del paralitico, calatogli dal tetto della casa, in cui sta predicando.

16ª Cappella:  è dedicata a: Gesù risuscita il figlio della vedova di Naim.

I lavori della piccola Cappella iniziano verso il 1572, in contemporanea con la precedente Cappelle e sempre su progettazione e realizzazione di Galeazzi Alessi; l’edificazione viene completata nel 1583.

La sua realizzazione è fortemente voluta da Donna Matilde di Savoia, Marchesa di Pianezza (Torino), assumendosi anche l’onere del suo finanziamento; le statue, realizzate tra il 1587 ed 1589, sono opera di  Bartolomeo Badarello di Campertogno (Vercelli); gli affreschi, dello stesso periodo, sono del pittore perugino Domenico Alfano.

La scena rappresenta Gesù, che, in cammino con i suoi seguaci verso Naim, incrocia un corteo funebre che accompagna un giovane alla sepoltura, unico figlio di una donna vedova.

Il pianto disperato di quella madre commuove Gesù, signore della vita e della morte, il quale, rivelando i suoi poteri sulla morte, risuscita il ragazzo.

17ª Cappella:  è dedicata a: La Trasfigurazione.

In questo stesso posto, originariamente, era stata costruita, nel 1403, la Cappella dell’Ascensione, devoluta  ai frati francescani e menzionata nell’atto di donazione del terreno.

Successivamente, fu pensato di riprodurre il Monte Tabor con l’edificazione della Cappella della Trasfigurazione, i cui lavori hanno inizio nel 1572, stesso anno delle due precedenti Cappelle, ma completata molto tempo dopo tra il 1664 ed il 1665.

La realizzazione del gruppo delle statue, tutte del XVII secolo, è opera di tra artisti: Gaudenzio Soldo da Camasco – frazione di Varallo; Giacomo Ferro, allievo di Giovanni d’Enrico e P.F. Petera; gli affreschi sono stati realizzati, nel decennio 1666 e 1676,  da Giuseppe e Giovanni Stefano Danedi o Daneda, fratelli, soprannominati i Montalti, originari di Treviglio (Bergamo).

La scena mette in risalto Gesù che sale sul Monte Tabor, portando con sé tre Apostoli; Gesù si palesa loro in una splendida luce che ha del sovrumano, in mezzo a Mosè ed al profeta Elia; ai piedi dello stesso Monte, gli altri Apostoli cercano invano di guarire un uomo posseduto dal demonio; vi riesce però Gesù.

18ª Cappella:  è dedicata a: La Resurrezione di Lazzaro.

I lavori di edificazione della Cappella sono compresi tra il1576 ed il 1580, su progettazione e direzione di Galeazzi Alessi; è completamente realizzata anche con il gruppo delle statue policrome, la cui realizzazione, avvenuta nel 1583, viene attribuita a Bartolomeo Badarello di Campertogno (Vercelli),  mentre gli affreschi di Gian Giacomo Testa, che li realizza tra il 1584 ed il 1585.

La scena rappresenta Gesù nel tempo della Passione; ancora una volta si rivela Figlio di Dio nel momento in cui risuscita Lazzaro, suo amico, morto e sepolto ormai da quattro giorni.

19ª Cappella:  è dedicata a: L’entrata trionfale di Gesù a Gerusalemme.

La progettazione e l’edificazione della Cappella è attribuita a Galeazzi Alessi, quando lo stesso provvede ad alcune modifiche del progetto originario; i lavori hanno inizio nel 1572 e vengono portati a termine nel 1580. E’ posta all’inizio della salita che conduce alla parte più alta del monte sacro.

Il gruppo di statue, 16 in tutto, alcune sono di stucco rivestito in terracotta ed altre solo in  terracotta; una parte della loro realizzazione è attribuita a Giuseppe Arrigoni nel 1722, ed un’altra parte, del 1580, a Bartolomeo Badarello di Campertogno (Vercelli); gli affreschi, del 1589, sono attribuiti a Gian Giacomo Testa e, quelli del XVIII secolo, sono attribuiti ad Antonio Borsetti.

Questa Cappella rappresenta il gioioso corteo che accompagna Gesù al suo ingresso in Gerusalemme, dopo la resurrezione di Lazzaro; è l’ultimo trionfo di Gesù prima della sua crocifissione.

La Porta Aurea è l’ingresso alla città di Gerusalemme; i lavori di edificazione iniziano verso il 1723, su progettazione e realizzazione dell’architetto Giovanni Battista Morondi, in contemporanea con i dipinti che ritraggono scene dell’antico testamento realizzati dal pittore Carlo Borsetti, originario di Boccioleto (Vercelli), che mette in risalto, prima di tutto, l’ingresso dell’Arca dell’Alleanza nella città di Sion, che custodisce gelosamente le tavole della legge, il bastone di Aronne e della manna.

IlPalazzo di Pilato” è fortemente voluto dal vescovo di Novara Carlo Bascapè e viene edificato tra il 1602 e il 1627 da Giovanni d’Enrico.

Il palazzo ingloba le cappelle nr. 23 – 27 – 29 – 30 – 31 – 32 – 33 – 34 e 35.

20ª Cappella:  è dedicata a: L’ultima cena.

Una cappella era già stata edificata, nel XV secolo, sotto la guida del beato Bernardino Caimi; la stessa fu in corporata in quella attuale nel XVIII secolo.

Il gruppo delle 16 statue in manichini lignei policromi, rivestiti di stoffe gessate e dipinte, sono state realizzate nel XV secolo da un artista ignoto – sono tra le più antiche tra quelle esistenti sul Monte Sacro; favolosa è la tavola imbandita su cui si ammirano oggetti in terracotta ed in terra cruda, in legno, in marmo, in cera lavorata ed in carta pesta (le cosiddette “nature morte”) attribuite, in gran parte, all’alagnese Giovanni d’Enrico; in realtà sono state realizzate tra il 1500 ed il 1800; infine, gli affreschi e le decorazioni, realizzate in stile barocco rococò tra il 1778 ed il 1780, sono del pittore locale  Giovanni Antonio Orgiazzi.

La scena simboleggia il giovedì santo, il giorno antecedente alla dolorosa Passione di Gesù.

21ª Cappella:  è dedicata a: Gesù nell’orto degli ulivi.

La Cappella viene edificata verso la fine del 1400, ma viene ricostruita successivamente all’inizio del XVI secolo; è posta la statua di San Carlo Borromeo di Giovanni d’Enrico, in ricordo della sua lunga sosta in preghiera in quella Cappella; dello stesso artista sono anche le altre statue, realizzate nel 1608.

Gli affreschi, del 1779, sono del pittore locale  Giovanni Antonio Orgiazzi.

La scena fa risaltare l’inizio della Passione di Gesù, che prima si raccoglie in preghiera nell’Orto degli Ulivi, là dove, preso da angoscia, suda sangue; è soccorso dall’Angelo consolatore inviato dal Dio Padre.

22ª Cappella:  è dedicata a: Gesù sveglia gli Apostoli.

I lavori di costruzione avvengono tra il 1606 ed il 1612, sotto la direzione di Giovanni d’Enrico; le statue sono state realizzate da Melchiorre d’Enrico, fratello di Giovanni; gli affreschi provengono dalla mano del pittore piemontese Paolo Emilio Morgari che li realizza nel 1865; nello stesso periodo viene sistemata l’attuale scena, che mette in risalto Gesù e gli Apostoli, i quali dovevano vegliare in preghiera; si addormentano continuamente sebbene svegliati per ben tre volte da Gesù, il quale, alla fine, esclama: “Svegliatevi, chi mi tradirà è ormai vicino”.

23ª Cappella: è dedicata a: La cattura di Gesù.

Questa Cappella viene costruita, nel 1618,  all’interno del palazzo di Pilato; il gruppo delle 17 statue di legno è in gran parte opera di artisti ignoti e provenienza sconosciuta e realizzate in epoche diverse; qualcuna è stata realizzata da Giovanni d’Enrico, che ha provveduto all’allestimento della Cappella; gli affreschi sono stati realizzati da Melchiorre d’Enrico nel 1619.  La scena rappresenta il tradimento di Giuda, che guida i Farisei ed i soldati fino all’Orto degli Ulivi; lì bacia Gesù facendolo individuare ed arrestare dai soldati.

Gli Apostoli, impauriti, scappano e Giuda, preso dal rimorso, si impicca ad uno degli alberi di quell’Orto.

24ª Cappella:  è dedicata a: Gesù al tribunale di Anna.

I lavori per l’edificazione di questa Cappella hanno inizio nel 1737; fu l’ultima realizzazione sul Sacro Monte, la cui progettazione è dell’architetto di Varallo Giovanni Battista Morondi.

Il gruppo delle statue, realizzate in terracotta tra il 1742 ed il 1743, sono di Carlo Antonio Tantardini, scultore di Introbio (Lecco), mentre quelle realizzate nel 1776 sono dello scultore Giovanni Battista Bernero, originario di Cavallerleone, in provincia di Cuneo; gli affreschi del 1765 sono opera del pittore fiorentino Sigismondo Betti.

La scena fa risaltare gli infiniti processi subita da Gesù; questo è quello innanzi al sommo sacerdote Anna, suocero di Caifas; qui Gesù viene preso a schiaffi.

25ª Cappella:  è dedicata a: Gesù al tribunale di Caifas.

La Cappella è edificata tra il 1614 ed il 1618, su progettazione di Giovanni d’Enrico; sue anche le statue; gli affreschi sono del pittore locale Cristoforo Martinolio, denominato il Rocca, perché nativo di Roccapietra – frazione di Varallo.

La scena rappresenta Gesù processato innanzi a Caifas, o Caifa, sommo sacerdote di Gerusalemme, che lo condanna a morte, mediante crocifissione, perché ritenuto bestiammiatore per aver affermato e confermato di essere il Figlio di Dio.

26ª Cappella:  è dedicata a: Il pentimento di San Pietro.

E’ la Cappella più piccola dell’intero Sacro Monte, ma per niente la meno importante. Viene costruita tra il 1630 ed il 1635; il gruppo delle statue è stato realizzato da Giovanni d’Enrico tra il 1638 ed il 1639, mentre gli affreschi sono di Cristoforo Martinolio, realizzati nel 1642.

La scena rappresenta l’Apostolo Pietro che rinnega e disconosce Gesù per ben tre volte; i tre canti del gallo gli ricordano quello che Gesù gli aveva predetto.

27ª Cappella:  è dedicata a: Gesù al tribunale di Pilato.

La Cappella viene realizzata tra il 1605 ed il 1608 ed è inserita nel vasto complesso del palazzo di Pilato, che ospita ben otto scene della vita di Gesù. Le statue sono state realizzate da Giovanni d’Enrico tra il 1615 ed il 1616, mentre le pitture, realizzate tra il 1610 ed il 1617, sono opera di Antonio d’Enrico, detto il Tanzio, fratello minore di Giovanni.

La scene vede Gesù innanzi a Pilato, ivi condotto perché possa avere un processo ed una condanna in forma legale: Pilato, infatti, è il governatore dell’impero romano in Palestina.

Pilato riconosce immediatamente Gesù innocente, ma quando viene a sapere che è della Galilea, se ne libera mandandolo ad Erose, figlio erede di quell’omonimo re che dispone la strage degli innocenti, con l’uccisione di tutti i bambini a Gerusalemme inferiori ai due anni.

28ª Cappella:  è dedicata a: Gesù al tribunale di Erode.

L’edificazione della Cappella, disegnata da Giovanni d’Enrico, avviene verso il 1619 e portata a termine verso il 1630; sue sono anche le 35 statue della scena, realizzate nel 1627; gli affreschi, dello stesso periodo delle statue, sono di Antonio d’Enrico, detto il Tanzio.

La scena vede Erode che chiede a Gesù, per salvarsi, il compimento di un miracolo; Gesù, fermo davanti a lui, tace. Il re Erode lo definisce pazzo, gli fa indossare uno straccio bianco e lo rimanda a Pilato.

29ª Cappella:  è dedicata a: Gesù di nuovo al tribunale di Pilato.

E’ stata edificata verso il 1610; il gruppo delle 23 statue, del 1629/1630, realizzato da Giovanni d’Enrico, collaborato dal suo allievo Giacomo Ferro, è stato uno degli ultimi lavori effettuati dal gran maestro prima di allontanarsi definitivamente dal Sacro Monte  (1640).

Le decorazioni, che risalgono al 1671, sono state effettuate dai fratelli Giovan Battista e Gerolamo Grandi, varesini, mentre la parte figurativa è opera del pittore di Campertogno (VC) Pier Francesco Gianoli, che la realizza tra il 1678 ed il 1679 – significativa è la scena che raffigura Giuseppe prelevato dalla cisterna e venduto ai mercanti.

La scena allestita all’interno della Cappella vede Pilato, che, cosciente dell’innocenza di Gesù, tenta di liberarlo, in cambio del ladrone Barabba; propone, quindi, al popolo a chi dare la libertà: la scelta cade su Barabba e Pilato comanda che Gesù venga flagellato.

30ª Cappella:  è dedicata a: La Flagellazione.

Altra Cappella, con la stessa denominazione, era già esistente all’interno del Palazzo di Pilato; viene, poi, trasferita e completata l’attuale Cappella nel 1605. Il gruppo delle statue policrome, realizzate in terracotta nel 1615, è sempre opera di Giovanni d’Enrico e di altri suoi collaboratori, mentre gli affreschi, datati 1620, sono del pittore locale Cristoforo Martinolio, detto il Rocca.

Lo scenario delle statue più significativo è la flagellazione di Gesù ad opera di 6 flagellatori, nel sotterraneo del palazzo; Gesù è pieno di pieghe causate da quelle tremende frustate: sono l’inizio di sofferenze più atroci che Gesù accetta e subisce per l’espiazione dei peccati degli uomini.

31ª Cappella:  è dedicata a: La coronazione di spine.

L’edificazione avviene  all’inizio del XVII secolo, tra il 1614 ed il 1617, sotto la direzione dell’architetto Ortensio Crespi, fratello del più famoso Giovan Battista detto il Cerano, di Romagnano Sesia (Novara), nonché sotto l’occhio vigile ed esperto di Giovanni d’Enrico, che realizza anche il gruppo delle statue nel 1607. Nel 1614 vengono, invece, realizzati gli affreschi ad opera di  Gian Giacomo Testa e Melchiorre d’Enrico.

La scena vede Gesù, consegnato a Pilato perché – questa è l’accusa – voleva proclamarsi re dei Giudei, succube delle più atroci derisioni da parte dei soldati che lo coronano di spine, gli mettono in mano una canna come scettro e lo ricoprono di straccio rosso porpora come mantello; non contenti, lo bastonano e gli sputano in viso.

32ª Cappella:  è dedicata a: Gesù sale la Scala Santa o la scala del Pretorio.

L’edificazione della Cappella, incorporata nel “Palazzo di Pilato”, con l’annessione di un vano che era stato costruito molto tempo prima sul piazzale; il gruppo delle statue è stato realizzato in periodi diversi e da diversi artisti: le due statue in legno, che risalgono al periodo iniziale della creazione del Sacro Monte, 1510/1514, che ritraggono Gesù ed uno dei fustigatori, sono attribuite a Gaudenzio Ferrari e sono state prelevate dalla Cappella de “La salita al Calvario”; le altre tre statue di legno sono state, invece, prelevate dalla Cappella di “Cristo spogliato ed avviato al Calvario” – successiva Cappella della Pietà,  n. 40 -; le due statue in terracotta sono state realizzate, tra il 1635 ed il 1640, da Giovanni d’Enrico e dal suo fedele collaboratore ed allievo Giacomo Ferro.

Gli affreschi, risalenti al 1665/1670, sono stati realizzati dal pittore di Campertogno (VC) Pier Francesco Gianoli.

La Scala Santa o la scala del Pretorio.

Oggi ancora non si conosce chi abbia avuto l’idea e poi fatta realizzare la Scala Santa all’interno del Sacro Monte di Varallo, atteso che sia il Vescovo  Bascapè  che i fratelli Antonio e Melchiorre d’Enrico, nel 1600, anno effettuato un viaggio a Roma  per il giubileo.

L’unica cosa certa è che il 16 dicembre 1607 il Vescovo Bascapè, invia una lettera agli addetti e responsabili del santuario, perché gli facciano avere una particolareggiata e minuziosa relazione sul numero dei gradini la scala, nonché misure e forme che formano la Scala Santa a Roma; che ogni paese circondario della valle raccolga offerte per l’acquisto di uno dei ventotto gradini della scala.

La riproduzione realizzata a Varallo è esattamente uguale a quella realizzata a Roma, accanto alla Basilica del Laterano, anche nei minimi particolari secondari, come, ad esempio, quelli relativi alla santità dei tre gradini ( il 2° , l’11° ed il 28° ), per i quali, a Roma, la Chiesa precisa che vi siano tracce del sangue di Cristo, perché, nel 326, la regina Elena, madre dell’Imperatore Costantino, facendo scavare tra le rovine del Pretorio, frequentato da Pilato, ritrova la scala sulla quale è salito Gesù per portarsi davanti a Pilato. La regina la fa trasportare a Roma e la fa collocare nella Basilica del Laterano, la stessa che, nel 1558, il Papa Sisto V fa collocare nel punto in cui si trova attualmente.

I fedelissimi sono obbligati a salirla con le ginocchia, e, ad ogni gradino, recitare un Padre Nostro, un’Ave Maria ed un Gloria.

Questi tre scalini, sul Sacro Monte di Varallo, sono contraddistinti da una croce.

Lo scenario della Cappella vede Gesù ricondotto da Pilato, dopo la flagellazione e con la folla inferocita, fomentata ed istigata dai Farisei.

33ª Cappella:  è dedicata all’: Ecce Homo.

I lavori di edificazione vengono completati verso il 1605; l’habitat interno è stato magistralmente diviso su due livelli dal suo realizzatore, Giovanni d’Enrico, con la creazione di una balconata nella zona di fronte all’ingresso per avere, poi, a disposizione tutto lo spazio sottostante per gli altri personaggi dello scenario.

Il gruppo delle statue policrome, in terracotta, sono state realizzate, tra il 1608 ed il 1610, dallo stesso Giovanni d’Enrico, collaborato, questa volta, dal fratello Melchiorre.

Gli affreschi, realizzati tra il 1610 ed il 1616, appartengono a Pier Francesco Mazzucchelli, detto il Morazzone perché originario di tale comune, sito in provincia di Varese.

La scena vede Pilato che tenta ancora una volta di salvare la vita a Gesù, perché è convinto della sua innocenza; lo mostra ancora al popolo tutto ricolmo di piaghe provocate dalla flagellazione e dalla corona di spine, conficcata sul suo capo dai soldati che lo prendono in giro. Una sola risposta ed un solo grido dalla folla circostante: Crocifiggilo, Crocifiggilo.

34ª Cappella:  è dedicata a: Pilato si lava le mani.

I lavori della sua edificazione, all’interno del Palazzo di Pilato, iniziano nel 1608 e vengono completati verso il 1610; è completamente portata a termine verso il 1621, con l’installazione della gran vetrata da parte di  Gerolamo Rocca.

Il gruppo della 16 statue policrome, realizzate in terracotta da Giovanni d’Enrico, sono del 1617, mentre gli affreschi sono del fratello Antonio, detto il “il Tanzio”, che li realizza tra il 1618 ed il 1620.

La scena vede Pilato che si arrende di fronte alle minacce dei Giudei e consegna Gesù ai soldati per la crocifissione. Si lava poi le mani, in un catino, davanti al popolo che schiamazza, come per dire che lui non è per niente responsabile della condanna a morte di Gesù.

35ª Cappella:  è dedicata a: Gesù condannato a morte.

E’ l’ultima delle Cappelle inserite nel Palazzo di Pilato; la sua edificazione è completata verso il 1610; il gruppo di statue in terracotta sono state realizzate da Giovanni d’Enrico tra il 1610 ed il 1612; gli affreschi, realizzati nel 1614, appartengono a Pier Francesco Mazzucchelli, detto il Morazzone.

Lo scenario interno è la continuazione della Cappella precedente, anche se costruita in fase successiva a questa; sul cartiglio (cioè una pittura che ritrae un rotolo di carte quasi srotolato) inchiodato sulla croce c’è la scritta I.N.R.I.; per questa scritta, risalta la protesta dei Farisei contro Pilato, il quale resta fermo sulla sua decisione.

36ª Cappella:  è dedicata a: La salita al Calvario.

I lavori della sua edificazione hanno inizio verso il 1589; le 50 statue ed i 14 animali, in terracotta policroma, sono stati realizzati, tra il 1599 ed il 1600, dallo  scultore fiammingo Jean De Wespen, soprannominato il Tabacchetti, con la probabile collaborazione di Giovanni D’Enrico; per volontà del vescovo Bascapè, lo scultore ha modellato le sue figure su quelle della Crocifissione realizzate da Gaudenzio Ferrari.

Gli affreschi, realizzati tra il 1607 ed il 1608, sono di Pier Francesco Mazzucchelli.

La scena vede Gesù portare, con molta fatica, la propria Croce verso il Calvario; cade tre volte lungo la strada; incontro la Madonna e le altre pie donne e la Veronica che gli asciuga il volto ricoperto da sangue e sudore.

37ª Cappella:  è dedicata a: Gesù inchiodato alla Croce.

Questa Cappella, non prevista nel progetto originario, è voluta dal vescovo Bascapé; i lavori della sua edificazione cominciano verso il 1630 e vengono ultimati verso il 1635. Il gruppo delle 64 statue, realizzate in terracotta policroma tra il 1635 ed il 1637, sono di Giovanni d’Enrico,   fortemente collaborato dal suo allievo Giacomo Ferro; gli affreschi sono del pittore milanese Melchiorre Gherardini, detto “il Ceranino” , che li realizza tra il 1637 ed il 1639.

Questa è una delle tre Cappelle che formano il complesso del Calvario: L’affissione alla croce (37), La Crocefissione (38) e La deposizione dalla croce (39) e sono state realizzate sulla zona più sopraelevata che sin dall’inizio della progettazione del Monte Sacro fu denominata Monte Calvario.

.  La scena vede Gesù sul Calvario nell’atto in cui viene inchiodato alla Croce sotto gli occhi affranti della Madonna, sua madre, di Giovanni e delle pie donne.

38ª Cappella:  è dedicata a: Gesù muore sulla Croce.

La Cappella è edificata tra il 1519 ed il 1520, su progettazione di Gaudenzio Ferrari; opera sua è anche  il gruppo delle 87 statue policrome, realizzate in terracotta tra il 1520 ed il 1528,  le due statue lignee rappresentanti i due ladroni, il Crocifisso, realizzato verso il 1510 e prelevato da un’altra Cappella e successivamente abbattuta, ed infine anche gli affreschi datati 1520.

La scena risalta l’agonia di Cristo e quella dei due ladroni, crocifissi con lui. E’ sulla Croce che Gesù soffre, prega il Padre suo, perdona i suoi assassini ed offre la sua vita per redimere l’umanità.

39ª Cappella:  è dedicata alla: Deposizione di Gesù dalla Croce.

La cappella è edificata tra il 1632 ed il 1639, su progettazione di Giovanni D’Enrico e dell’architetto e scultore Bartolomeo Ravelli, secondo quanto deciso dal vescovo Bascapè nel 1603 per la nuova progettazione di quella zona del Monte.

Il gruppo delle statue, realizzate in terracotta tra il 1639 ed il 1640, sono opera dello stesso Giovanni d’Enrico, collaborato attivamente dal suo fedele allievo Giacomo Ferro; gli affreschi del 1641 e 1642, sono, invece, di Melchiorre Gherardini, detto il Ceranino, che, sulla parete destra della Cappella, ritrae se stesso e gli scultori che ivi lavorano.

Gli arazzi dipinti sulla volta raffigurano Aronne, nella parte centrale, che benedice il popolo, Mosè, sul lato destro, che manda in pezzi le tavole della legge quando vede che gli ebrei adorano il vitello d’oro e, sul lato sinistro, il pentimento di Caino dopo l’assassinio di Abele.

La scena ritrae Giuseppe d’Arimatea, che, autorizzato da Pilato, depone Gesù dalla Croce dopo che ne era stato accertata la morte con un colpo di lancia che gli spacca il cuore; Giuseppe è aiutato da Nicodemo, dall’apostolo Giovanni e dalle pie donne.

40ª Cappella:  è dedicata alla: Lamentazione sul Cristo morto  o  La Pietà.

La Cappella è realizzata, sotto l’attenta guida del beato Bernardino Caimi, alla fine del 1400 alle pendici del Monte Calvario e, in un primo momento, viene dedicata alla scena della spoliazione di Cristo delle sue vesti ed avviato verso il Calvario; in seguito, è dedicata alla Pietà (oppure alla Lamentazione sul Cristo morto), così come viene raffigurato negli affreschi realizzati, verso il 1510, da Gaudenzio Ferrari.

Il gruppo delle statue, realizzato da Giovanni d’Enrico, risale al 1635.

La scena mette in risalto il corpo straziato di Gesù posto tra le braccia dell’addolorata Vergine Maria, sua Madre.

41ª Cappella:  è dedicata alla: Deposizione del corpo di Gesù nella Sindone.

Anche questa Cappella è realizzata, sotto la direzione del beato Bernardino Caimi, alla fine del 1400; è un solo vano con la precedente Cappella nr. 40, che custodisce il gruppo in legno della Pietra dell’Unzione, che, nel 1822, viene spostato dalla cappella e, dal 1882, è custodito nella Pinacoteca di Varallo.

Il gruppo delle nove statue, realizzate in terracotta policroma dallo scultore milanese Luigi Marchesi, è realizzato nel 1826; dello stesso periodo sono gli affreschi realizzati da Pier Celestino Gilardi, pittore di Campertogno.

Molto più tardi, nel 1959, viene realizzato da Severino Boato il cancello in ferro battuto.

La scena vede il corpo straziato di Gesù unto, profumato ed avvolto nella sindone (lenzuolo) prima di essere portato nel sepolcro costruito nei pressi del Calvario.

42ª Cappella: è dedicata alla: Memoria di Bernardino Caimi o all’altare di San Francesco.

Questa Cappella, realizzata tra il 1486 ed  il 1491, non fa parte della serie dedicate alla vita di Gesù come le altre del Sacro Monte, ma viene dedicata alla memoria del beato Bernardino Caimi, in cui il frate francescano celebra la sua prima messa all’interno del Sacro Monte.

I primi affreschi sono di Gaudenzio Ferrari, ormai andati perduti; sull’altare è posta una tavola, dipinta sempre dal Ferrari, che ritrae San Francesco che riceve il dono delle stimmate, che ora è custodita nella Pinacoteca di Varalli.

Gli attuali affreschi sono stati realizzati, nel 1880, da Pier Celestino Gilardi e riproducono la morte di San Francesco;  le decorazioni sono del pittore varallese Andrea Bonini ed il cancello in ferro battuto è opera di Giovanni Martinetti, realizzato nel 1704.

La scena mette solo in risalto il luogo in ricordo del frate francescano che vi ha celebrato la sua prima messa.

43ª Cappella: è dedicata al: Santo Sepolcro.

E’ il 1491 ed è questa la prima Cappella che il beato Bernardino Caimi ha fatto costruire, simile quasi all’originale struttura del Santo Sepolcro esistente in Palestina; in concomitanza, quasi a ridosso, è edificato anche il romitorio, ormai andato distrutto, destinato a diventare la prima sede dei frati francescani sul Monte.

La  Cappella ha due celle adiacenti e comunicanti:

La prima custodisce, in una nicchia, la statua di legno della Maddalena, forse un’opera del  Gaudenzio Ferrari; sopra la piccola porta c’è una lapide su cui è scritto: ”Simile e il SantoSepulcro de Yesu Xristo”.

La seconda cella, invece, conserva la statua di legno del Cristo morto, una meravigliosa opera di scultura di Gaudenzio Ferrari, con chiari i segni di una morte in Croce, forse è la statua del Cristo prelevata dalla cappella 38 dedicata alla Crocifissione.

I dipinti negli affreschi sono di epoca più tardi, realizzati tra il 1944 ed il 1946 dai fratelli Bacchetta, pittori originari del cremasco.

All’inizio il sepolcro di pietra appoggia direttamente sul pavimento; ai lati due angeli in legno con i simboli della Passione di Gesù; su di esso poggia un dipinto del Cristo risorto, forse del Ferrari. Qui San Carlo sosta in preghiera e qui gli annunciato da un angelo l’imminente fine della sua vita terrena.

L’unito Oratorio viene eretto nel 1700, con la successiva apertura delle due porte, dopo che  fu realizzata la vetrata centrale e modificato il sepolcro di pietra.

Nel periodo tra il 1945 ed il 1947 viene rinnovata ed ingrandita la nicchia che ospita la statua della Maddalena, a cui viene posta una cancellata in ferro battuto; ai pavimenti viene eliminata la pietra verde di Alagna e vengono rifatti in marmo; viene rifatto anche il sarcofago e restaurate e messe a nuovo la statua della Maddalena e quella del Cristo Morto, opera commissionata ai fratelli Bacchetta.

All’esterno vengono create due piccole nicchie contenente l’una, a sinistra, il teschio del frate francescano Caimi, l’ideatore e realizzatore del Sacro Monte, e l’altra, a destra, un frammento della roccia del Santo Sepolcro di Cristo, con la seguente scritta, che, tradotta in italiano, significa: ” Pietra del Santo Sepolcro del Signor nostro Gesù Cristo che è in Gerusalemme e di lì trasportata ed eretta qui a ricordo.” -.

Nell’atrio, a sinistra, la statua lignea della Maddalena in ginocchio, realizzata da Gaudenzio Ferrari; a destra, l’Angelo annunciatore della Resurrezione di Gesù.

Anche in questo Sepolcro si entra curvi con la testa bassa, così come nel vero Sepolcro Palestinese; la venerata statua lignea del Cristo morto è del Ferrari, che la realizza all’inizio del 1500.

44ª Cappella: è dedicata alla: Fontana della Risurrezione.

Anche questa Cappella è tra le prime realizzata nel 1510; la Fontana, in pietra e ferro battuto, estratta da un unico blocco di monolito trovato lì sul luogo; sopra di essa è stata adagiata la statua del Cristo risorto, di dimensione ridotta, realizzata  in periodo più recente da Augusto  Farinone. La statua esposta nella Cappella è una copia, mentre l’originale è custodito nella Basilica per preservarlo da atti di vandalismo o da inquinamento di agenti atmosferici.

I cinque getti di acqua della Fontana, che fuoriescono da altrettante cinque fontanelle, sono il simbolo del Sangue versato da Gesù Redentore dalle sue Cinque Piaghe: la Fonte della Grazia per la nostra salvezza. Le guide più anziane del Sacro Monte raccontano che, un tempo, la fuoriuscita dell’acqua, sempre fresca, avveniva dalla stessa statua del Cristo, per avvalorare, sempre in maniera più forte, l’effetto simbolico nei confronti dei fedeli e dei pellegrini.

Anche a piccola Cappella si resta per lungo tempo in preghiera ed in meditazione, per cogliere e capire appieno l’essenza della Resurrezione di Cristo.