Israele, Pellegrinaggio in Terra Santa

Il mio pellegrinaggio in Terra Santa

Premetto col dire che:

–         “Non c’era  niente in me che mi  entusiasmasse tanto per fare questo viaggio – pellegrinaggio, se non le insistenze di mia moglie ed una gran voglia di visitare questi luoghi; non mi sentivo con l’animo giusto ed avrei preferito rinviare ad un momento più consono, ma lungi da me l’idea che la fede in me stesse vacillando”;

–         “Non si può tornare da un pellegrinaggio in Terra Santa ed avere gli stessi dubbi della partenza o chiedere ancora tempo per poter riflettere se l’esperienza vissuta, anche se di pochi giorni, di vera vita cristiana ti abbia più o meno stravolto l’animo e la coscienza o se ti abbia lasciato un solco profondo nella mente e nel cuore.

E’ un’emozione unica: conoscere e toccare con mano, anche per qualche fuggevole attimo, gli eventi e  le vicissitudini proprio negli stessi luoghi in cui è vissuto Gesù con i suoi apostoli e con  i suoi  santi – provare per credere!”.

La differenza è una sola: noi questi momenti li abbiamo vissuti in modo fugace e con tutte le comodità ed i confort moderni – spostamenti in autobus, aria condizionata in camera e sul pullman, abbondante acqua fresca sia sul pullman che in qualsiasi sosta effettuata, colazione e pranzo, preparati ad orario per noi, ed a cena ci si andava dopo una buona doccia rinfrescante con camicia e pantaloni puliti e non madidi di sudore – pensate un po’ –.

Nonostante ciò per me e per mia moglie – come penso per la maggior parte del gruppo – sono stati momenti toccanti, di riflessione, di certezza e di cambiamento.

Non vi aspetterete, spero, che io vi dica che tutto questo è successo perché ci siam seduti proprio nel punto esatto dove Gesù ed i suoi apostoli si son seduti, abbiamo camminato lungo la strada dove Gesù ha camminato, nel medesimo posto in cui si è fermato a predicare o a pregare, dove visse e morì … sarei un ipocrita ed altrettanto voi a crederlo! Ma vi assicuro che l’emozione c’e stata – ed anche forte; mi sono tanto immedesimato nella situazione tanto che in me è aumentata a dismisura un’avida bramosia di vedere e conoscere sempre di più quei luoghi degli avvenimenti, così come narrati nella Bibbia e nei Vangeli, confortato anche dall’opera immane che hanno fatto, nel tempo, gli architetti, gli archeologici, gli esperti e gli studiosi nel ricostruirli, talvolta anche in forma approssimativa, dato il gran lasso di tempo di 2000 anni, riportando alla luce case, grotte, chiese ed oggetti tutte memorie storiche databili in epoca ante – post Gesù.

A me non è mancato niente sia dal punto di vista spirituale che da quello materiale; è inutile negare che disagi ed inconvenienti non sono mancati, ma – vi prego di credermi – sono stati  affrontati e superati brillantemente da tutti … e quando  dico tutti vi parlo anche di Maria Benedetta, una bimba attenta ed intelligente di 7/8 anni, di un’arzilla signora 85enne di Arezzo, di persone con problemi nella deambulazione; il superamento è tutto merito della nostra fede e della gran voglia di viverla con gli altri!

Il gruppo – 47 unità – è stato compatto sin dal primo giorno, grazie anche ai consigli ed alle raccomandazioni di don Ferdinando – la nostra guida spirituale, guida storica e turistica, responsabile del gruppo (bus n. 2 sin da Tel Aviv). Anche questo vi potrà sembrare inverosimile, ma, dal secondo giorno in poi, eravamo tutti dei buoni amici di cordata: il miracolo era avvenuto la sera prima, quando, a cena, io e mia moglie – invitati – eravamo seduti a tavola con persone che vedevamo per la prima volta, con le quali abbiamo intavolato discorsi, anche se vaghi ed approssimati, così come si fa tra buoni amici di vecchia data. Forse direte che siamo stati fortunati ad essere in compagnia di don Domenico, Franco e la moglie Carmela, Sonia e Lina?     Forse … ma vi garantisco che lo avrebbero fatto con tutti, perché sono persone oltremodo squisite … senza nulla togliere agli altri, che abbiamo conosciuto nei giorni successivi.

Qual è, secondo voi, il perno principale che ha sostenuto tutti noi? Sempre la fede e le finalità del pellegrinaggio!

C’è stato Antonio – in compagnia della moglie Cinzia – che, alla fine, sinceramente e visibilmente commosso, ha affermato che “era venuto in Terra Santa per fare un viaggio e si è ritrovato a fare un pellegrinaggio” … pensate un po’ gli altri che sono partiti con quel fine!

1° Giorno -.

Il viaggio è cominciato il 24 agosto – alle ore 10,15 – con un volo da Roma Fiumicino dell’Alitalia – arrivo in Israele alle ore 14,15 ca. (Israele ha un’ora avanti alla nostra) con atterraggio all’aeroporto di BEN GURION di  Tel Aviv.

Presi i bagagli e controllati i passaporti, alle 15,00 avevamo preso posto sul pullman in viaggio per la Galilea per una visita al Santuario Stella Maris sul Monte del Carmelo, dove l’esistenza di una caverna si vuole che sia stata la residenza del profeta Elia – attualmente il convento ospita i frati dell’ordine dei Carmelitani.

Dopo la celebrazione della S. Messa, siamo ripartiti  alla volta di Nazareth dove siamo stati ospitati presso il Sister of Nazareth Convent – un grandissimo e bellissimo edificio, ora trasformato per l’accoglienza dei pellegrini di tutto il mondo, situato nelle immediate vicinanze del Casa Nova Hospice e della Basilica dell’Annunciazione –. Cena, quattro chiacchiere al fresco con altre persone del gruppo, “sopportando” anche il canto e le preghiere caotiche islamiche, invocate dal muezzin attraverso altoparlanti installati sulla moschea, costruita (a dispetto) quasi di fianco alla Basilica, per assicurare che l’invito e la preghiera venga ascoltato da tutti anche a notevole distanza, ma soprattutto da noi a breve distanza. Poco dopo tutti a nanna.

2° giorno – 25 agosto

Sveglia alle 6,30 – colazione alle 7,00 e partenza alle 7,30 – Prima tappa Il Monte Tabor (588 mt.), sulla cui spianata ci si arriva e si scende con pullmini taxi che trasportano 7/8 persone per volta, per la visita al Santuario della Trasfigurazione. Una memoria storica, risalente al 4° sec., vuole che in quel luogo vi fosse un monumento dedicato proprio alla “Trasfigurazione di Gesù”, ed una successiva, del 6° sec., che afferma l’esistenza di tre basiliche in riferimento alle “tre tende” : per Gesù, per Mosè e per Elia, così come ci tramanda San Pietro nel suo racconto evangelico.

Ovviamente è la tradizione della comunità cristiana palestinese che ha dato il nome di Tabor a questo monte e vuole che sia il luogo sacro dell’avvenimento; non ne parla neppure il Vangelo, che si limita alla sola definizione di “alta montagna” .

Le basiliche furono distrutte dai Saraceni ed il luogo abbandonato per alcuni secoli, fino a quando i frati Francescani, venuti in possesso del luogo, nel 1919 iniziarono la costruzione dell’attuale basilica, su progetto e direzione dei lavori dell’architetto romano Antonio Barluzzi.

Le navate sono tre con le cappelle laterali dedicate a Mosè e ad Elia (come le tre tende); l’abside centrale è fortemente arricchito da mosaici colorai recanti la trasfigurazione di Gesù avvenuta alla presenza di Pietro, Giacomo e Giovanni – da sx a dx in senso orario: la Nascita - l’Eucarestia – la Passione e la Morte – la Resurrezione -.

La seconda tappa è Cana o Canaan di Galilea, dove è avvenuto il primo miracolo di Gesù. L’attuale chiesa, dedicata a S. Anna ed a S. Gioacchino – genitori di Maria – fu costruita ad opera dei frati Francescani, sulle rovine del luogo dove la tradizione vuole sia avvenuto il miracolo di Gesù tramutando l’acqua in vino, venuto a mancare durante i festeggiamenti di uno sposalizio. La cripta custodisce un esemplare dell’anfora in cui, a quei tempi, veniva conservata l’acqua e che una simile Gesù utilizzò per il suo miracolo.

Dopo la celebrazione, don Ferdinando ha raccolto attorno all’altare le coppie per rinnovare le “promesse matrimoniali”: eravamo in tante: io e mia moglie, Franco e Carmela, il comandante Giancarlo e la moglie Giovanna, Alfredo e Maria, Massimo e Patrizia, Valter e Maria Teresa, Natale e Maria Carmela, Giovanni e Caterina, Renato e Maria Antonietta, Massimo e Matilde, Fabio e Rita, Luigi e … – chiedo scusa a quelli che non ho inserito nell’elenco, ma non ricordo i loro nomi.

Rientro a Nazareth per il pranzo e nel pomeriggio – ore 15,00 ca. – la visita alla Fontana della Vergine, l’unica fontana che serviva e serve Nazareth, intorno alla quale, ed al pozzo ancora sgorgante, i greci – ortodossi hanno costruito la Chiesa di San Gabriele. La tradizione evangelica vuole che proprio a quella fontana l’Arcangelo Gabriele apparve a Maria per la prima annunciazione; ma Lei spaventata, scappò verso casa; ma fu raggiunta dall’Arcangelo Gabriele, il quale, dolcemente, le rinnovò il saluto che da sempre è riportato anche nella nostra preghiera: XE MARIA - Ave, o Maria,”.

Il pozzo è posto nella cripta, sul cui coperchio è ancora visibile l’incisione del saluto dell’Arcangelo.

Il passo è stato breve per la visita alla Chiesa cristiana di San Giuseppe, ricostruita (1914) sulle rovine di una chiesa crociata. Sempre la tradizione vuole che quelle rovine fossero la Chiesa della Nutrizione” (citazione di un monaco di nome Arculfo in uno scritto del suo pellegrinaggio in Terra Santa nel 670), cioè  il luogo in cui si trovava la casa e la bottega da falegname di San Giuseppe e, di conseguenza, la casa dove Gesù è cresciuto ed è stato nutrito.

Siam passati, infine, a visitare la Sinagoga , una sala rettangolare in pietra, che la tradizione vuole  che sia stata quella frequentata dalla Sacra Famiglia e dalla quale Gesù fu cacciato per gettato dalla cima del monte.

Di sera, dopo cena – dalle ore 20,00 alle 21,30 – tutti nella Basilica dell’Annunciazione per “l’adorazione a Maria”Potete anche non crederci, ma se vi dico che sostare in ginocchio in preghiera e meditazione, tra lettura di salmi e canti alla Madonna in lingua latina, ebraica, araba, italiana e francese ed il profumo dell’incenso che saliva verso l’alto, mi ha talmente sradicato dai pensieri quotidiani, che mi frullavano in testa fino a qualche attimo prima, che mi son sentito quasi in estasi e senza accorgermi che più di una lacrima ha rigato il mio volto. Ho pensato che fosse successo soltanto a me e sentendomi a disagio, con un gesto inconsulto, mi son coperto il volto provando un po’ di vergogna.  Ma quando mi son guardato intorno, dal più grande al più piccino, ho notato che anche gli altri avevano gli occhi pieni di lacrime – erano tanti, che, pur travagliati da sofferenze personali e/o familiari, erano lì riuniti in preghiera e con la speranza nel cuore di ottenere dal nostro buon Dio l’allontanamento dalle angosce e dalle paure e vivere un momento di pace e serenità dell’animo.

3° giorno – 26 agosto

Partenza per la regione del lago di Tiberiade – 212 metri sotto il livello del mare -. La città nata tutta intorno al lago, sorta sulle rovine di un’altra antica città,  fu chiamata Tiberiade in onore dell’imperatore Tiberio Cesare.

E’ anche chiamato Mare di Galilea ed è il lago sulle cui acque Gesù ha camminato e sulle cui sponde ha scelto alcuni dei suoi apostoli: Pietro e suo fratello Andrea, Giacomo e suo fratello Giovanni.

Verso le ore 9,00 – assieme al gruppo dei gialli sempre dell’O.R.P. partiti con noi da Roma Fiumicino – siamo saliti sul battello per la circumnavigazione del lago; appena a bordo è stato intonato l’inno nazionale italiano con l’alza bandiera. A centro lago, i motori sono stati spenti per qualche attimo di riflessione, poi la lettura dei salmi di San Matteo ed una preghiera.

Scene ed atteggiamenti indimenticabili anche questi, si portano dolcemente dentro con tutto il resto del pellegrinaggio.

Ritornati a terra, abbiamo raggiunto Cafarnao – in ebraico significa “Villaggio della Consolazione” la seconda città dove Gesù è vissuto dopo Nazareth - per la visita alla “Casa di Pietro” ritenuta tale per le numerose memorie storiche ritrovate tra i graffiti greci, aramaici e latini.

Attaccati ai ruderi della comunità in cui si trova la Casa di Pietro, si trovano anche i resti della Sinagoga, forse, ricostruita su quella precedente dell’epoca di Gesù, che frequentava, in compagnia del padre Giuseppe, per la preghiera ebraica del sabato .

Ci si avvia, poi, per la salita del “Monte delle Beatitudini” dove Gesù pronunziò il “discorso della montagna”, cominciando proprio dalle beatitudini, tutte raffigurate nelle otto vetrate colorate del santuario – La Chiesa, a forma ottagonale, è opera dell’arch. Romano Berluzzi –. Celebrazione della S. Messa nella cripta, officiata da don Ferdinando e da don Domenico.

Il ristorante per il pranzo è nelle immediate vicinanze ed a tavola non poteva mancare “il pesce San Pietro” (non ho capito, però, se era arrostito o fritto); io l’ho mangiato tutto, anche se ho impiegato molto tempo per togliere le numerose e lunghissime spine.

Subito dopo pranzo, ci siamo diretti verso Tabga per la visita alla Chiesa del Primato di Pietro (1933) dove Gesù conferì a Pietro il primato sugli apostoli e sulla Chiesa, situata proprio sulla riva del lago, nonché dove avvenne “il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci”  – narrato in tutti e quattro i Vangeli .

Al suo interno, davanti all’altare, è conservata la roccia, denominata “Mensa Christi” , sulla quale si vuole che Gesù abbia da mangiare ai discepoli, dopo un’abbondante pesca miracolosa.

Invogliati da don Ferdinando, molti hanno bagnato i piedi nelle acque del lago.

Ci dirigiamo alla volta della “Fonte Battesimale” presso il fiume Giordano. Gesù in questo fiume si fece battezzare da Giovanni Battista e, dopo il battesimo dell’acqua, i Vangeli narrano che vide “lo Spirito Santo scendere dal cielo e posarsi su di Lui nelle sembianze di una colomba”, udendo, poi, la voce del “Padre Suo” .

4°  giorno – 27 agosto

Trasferimento a Betlemme – arrivo nel pomeriggio all’Hotel Paradise –

La prima tappa, in direzione di Gerico – che si vuole che sia la città più antica del mondo – è la visita al sito archeologico di QUMRAN. La visitare del luogo è preceduta da un filmato di breve durata, nel quale viene mostrato dall’alto l’intero sito archeologico, alcune zone particolari dove e come son vissuti quelli che l’abitavano. Nel corridoio, appositamente ideato,  che conduce nella zona degli scavi,  sono conservati alcuni reperti storici e pergamene di papiro.

Al primo impatto all’aperto, sono ben visibili le rovine di una costruzione in cui gli ESSENI hanno vissuto una vita monastica e di eremitaggio  nelle tante caverne situate lungo le pareti rocciose. Questo luogo non era stato mai preso nella giusta considerazione dagli archeologi, fino a quando, in una di queste caverne, nel 1947,  da due pastorelli beduini, nel cercare una loro capretta smarrita, furono trovati alcuni rotoli di cuoio (rotoli o manoscritti del Mar Morto) , intatti e ben nascosti e conservati in giare, per evitarne la distruzione da parte dei soldati romani di Tito – 63 a.C. –  quando invase le Giudea e Gerusalemme nel 68 a.C. -.

Le ricerche continuarono qualche anno successivo (1951-1954) e furono portati alla luce circa 600 rotoli, di cui una diecina completi,  contenenti “il testo completo del profeta Isaia” e le “Regole della vita comunitaria degli Esseni”.

Oggi il tutto è conservato nel “Santuario del Libro” del “Museo Israeliano in Gerusalemme”.

Ci si rimette in cammino – una breve sosta a Gerico in un negozio di frutta ed oggetti vari indicato dall’autista – si riparte per giungere al bagno di San Zaccheo , un lido ben attrezzato sulla riva del Mar Morto, dove chi ha voluto ha fatto un inusuale bagno: mia moglie ha fatto il bagno, io no … e per questo si è molto arrabbiata …  valle a capire le donne! -.

Il Mar Morto vanta diversi primati straordinari, tra i quali val la pena ricordare:

1)      Ha la più alta percentuale di salinità di tutti i mari del mondo: oltre il 30% -.

2)      La superficie delle sue acque è a 400 mt.  sotto il livello del mare ;

3)      I suoi fondali toccano i 400 mt. per cui raggiunge la massima depressione di tutti i luoghi della terra: 800 metri sotto il livello del mare  (400 mt. + 400 mt.) ;

4)      Le sue acque sono di una densità tale che facilitano il galleggiamento del corpo umano, ma richiedono un maggior sforzo fisico per chi si cimenta nel nuoto.

La meta successiva è il pranzo al ristorante “della Tentazione” a Gerico.

Si riparte e lungo la strada una breve sosta per qualche fotografia al “Monte della Quarantena o della Tentazione” (Gesù tentato dal diavolo) , dove i greci ortodossi hanno eretto un Monastero, dedicato a San Giorgio, proprio nel luogo dove c’erano le grotte utilizzate dagli eremiti.

Poco più avanti, qualche altra fotografia anche all’esemplare e secolare “albero di sicomoro” , esistente anche all’epoca di Gesù, il quale, sotto la sua ombra e frescura, incontrò San Zaccheo.

Una breve visita anche al “Deserto di Giuda o della Giudea” – La sosta è su un grande piazzale dove, appena scesi dall’autobus, si sono avvicinati in tanti, per lo più ragazzi, che ti vogliono vendere sciarpe, copricapi arabi, collane e c’è anche chi ti propone una cavalcata sul cammello per risalire un pendio sassoso sulla cui cima ti appare l’intero panorama del deserto.

Non so io dirvi, a questo punto, se una vasta ed immensa distesa di montagne, che si perde all’infinito sotto la sabbia e rocce roventi sotto un sole infuocato, possa essere definito un panorama unico e da mozzafiato – di sicuro, però, quel silenzio e quella solitudine sono così invitanti per una preghiera e per un vano (?) contatto con Dio, e tentar di ritrovare quella pace interiore, che in tanti momenti sembri aver perso.

Si riprende il viaggio per l’hotel Paradise di  Betlemme –.

5°  giorno – 28 agosto

Il programma prevede la salita al Monte degli Ulivi – o “Monte Santo” come lo chiamano gli Arabi – per una visitazione alla “Cappella o Edicola dell’Ascensione” – poi al “Chiesa nel Convento del Pater Noster” e al “Dominus Flevit” -.

Attraversiamo Gerusalemme e dall’autobus, man mano che le incontriamo, don Ferdinando ci indica le  porte più importanti – in neretto – per l’accesso alla città – (in realtà le porte sono 8):  1) Porta di Giaffa  o di Hebron per accedere al “Quartiere Armeno ed a quello Ebraico” – 2) Porta Nuova – 3) Porta di Damasco o Porta della Colonna- la più grande e la più trafficata - per accedere al “Quartiere Cristiano” – 4) Porta di Erode per accedere al “Quartiere Islamico” – 5) Porta Santo Stefano – detta anche Porta dei Leoni o delle Pecore o di Sitti Mariam (della signora Maria) perché esce sulla strada che porta alla Tomba di Maria”; 6) Porta d’oro o Aurea o Speciosa o Bella – le due porte sono state murate secoli addietro e  gli storici non sanno da chi e se per motivi religiosi mo di sicurezza – l’unica cose certa che gli ebrei venivano a pregare sotto queste mura, così come oggi fanno presso il Muro del Pianto o della Preghiera; 7)  Porta dei Magrebini o dei Marocchini o del Letame; 8) Porta di Sion o di David -.

–            All’interno dell’Edicola o della Cappella dell’Ascensione di Gesù è conservata la “roccia sacra” su cui la tradizione vuole che Gesù posasse i piedi quando si elevò verso il cielo.

–            La Chiesa nel Convento del Pater Noster – custodita dalle suore carmelitane – ha incorporato la “Grotta degli Insegnamenti”, cioè il luogo dove Gesù ha insegnato ai suoi discepoli la preghiera da rivolgere al Padre Suo, riportata in ben 140 lingue diverse su piastrelle maiolicate, attaccate ai muri del porticato o all’ingresso.

–            Il Santuario del Dominus Flevit (il Signore ha pianto) – è un’opera dell’Arch. Romano Barluzzi realizzata sui resti di un’antica chiesa bizantina. La denominazione sta a significare il pianto di Gesù fatto davanti alla città di Gerusalemme, il cui bel panorama si può osservare dal finestrone posto dietro l’altare. Tra la prima e la seconda metà del secolo scorso è stata portata alla luce una necropoli delle poca romana e bizantina.

Si riprende il cammino in direzione di TAYBEH – nome originario EPHRAIM cambiato nel 1187 dal Saladino in  TAYBEH che in arabo significa “Buono” – riferito al popolo – . E’ l’unico territorio in Samaria – Cisgiordania – completamente cristiano – la Chiesa, è dedicata all’ “ultimo ritiro di Gesù” con i suoi apostoli, dopo che il Sinedrio gli sentenziò l’arresto e la condanna a morte.

All’interno incontriamo padre Raed Abusalhia – un prete cattolico palestinese di Jenin – un grande oratore che parla molto bene l’italiano, un grande operatore sociale e grande fautore per la soluzione della questione conflittuale israeliano-palestinese.

Ore 11,00 la celebrazione della S. Messa, che finisce con un grande applauso  per padre Raed che intona canti religiosi in lingua araba, ebraica, latina, italiana e francese.

Alla fine della Messa, la visita alla “Casa delle Parabole” – in cui ogni vano, ogni angolo, ogni oggetto ed ogni arredo è per padre Raed motivo di riferimento alle parabole della Bibbia.

Si pranza al Taybeh Restaurant  – Ore 14,15 si riparte per Gerusalemme – Monte degli Ulivi.

La prima tappa è per la “Chiesa dell’Agonia” chiamata anche “Chiesa delle Nazioni” perché, per la sua ricostruzione, contribuirono tante nazioni cristiane – anche questa è un’opera di Antonio Barluzzi, che ha eretto la nuova chiesa – tra il 1920 ed 1924 – sulle rovine di una chiesa crociata dedicata a San Salvatore.

E’ una chiesa il cui interno è stato costruito volutamente nella penombra; al centro del presbiterio, davanti all’altare, è posto un lastrone di roccia viva in memoria di quel luogo su cui Gesù è stato adagiato per la sua agonia il giovedì santo – è, infatti,  “la roccia dell’agonia”.

Ci dirigiamo verso il “Getsemani” (pressoio dell’olio) – situato proprio di fianco alla Chiesa - per una rapida visita al “Giardino o  Orto degli Ulivi” con alberi secolari  il cui tronco varia dai n6 agli 11 metri di circonferenza – il più piccolo è quello piantato da papa Paolo VI nel 1964.

Vicinissima è anche la “Grotta del Getsemani o degli Apostoli” – Molto probabilmente era il luogo dove era tenuto il frantoio per la premitura delle olive.

Qui si vuole che Gesù lasciò gli apostoli, qui fu tradito da Giuda e qui il luogo dove venne tratto in arresto. In questa grotta i cattolici celebrano anche l’Assunzione di Maria in cielo, non potendo nella “Chiesa dell’Assunzione”, completamente in possesso dei greci ortodossi.

La “Chiesa dell’Assunzione” o “Tomba della Madonna” si vuole che custodisca nella cripta il sepolcro di Maria, la cui pietra è stata completamente tagliata e staccata dal blocco di roccia indicato come la tomba della Madonna.  E’ coperta da una lastra di vetro per evitare che, come accaduto nel passato, i pellegrini asportassero dei pezzi di roccia dal sepolcro.

Vi si accede scendendo una lunga scalinata, costruita dai Crociati che chiusero l’originario ingresso della chiesa perché spesso veniva invaso dall’esondazione delle acque del torrente Cedron, che scorreva nelle immediate vicinanze.

Questo sacro luogo e questa Chiesa – abbattuta e ricostruita nel corso dei secoli – da reperti storici ed archeologici ritrovati sul posto – risultano essere appartenuti sin dalle origini ai cristiani, per ultimo, ai frati francescani fino alla seconda metà del 1700, quando furono scacciati dai Musulmani, istigati dai greci ortodossi per averne il pieno possesso.

Alla fine del giro, c’è tempo per una fugace visita al “Santo Sepolcro”, anche se don Ferdinando ci avvisa che è nel programma delle visite di martedì 31 agosto – penultimo giorno di pellegrinaggio.

Un buon gruppetto ci va ugualmente, non pensando affatto che una fila di poche decine di persone diventasse interminabile e ci facesse attendere circa due ore per entrare e sostare soltanto per due minuti, penalizzati anche dai soliti furbacchioni e dalle processioni e preghiere di tutte e quattro le religioni.

6° Giorno – 29 agosto -.

Si resta a Betlemme per la visita al “Campo dei pastori” – il luogo in cui gli angeli annunciarono la nascita di Cristo Gesù.  L’attuale santuario, il “Gloria in Excelsis Deo” – dedicato ai SS. Angeli” – anch’esso un’opera dell’arch. romano Antonio Barluzzi (1953/1954) – è a forma di tenda per ricordare proprio le tende dei pastori beduini;  la “grotta” è molto antica e dà l’idea della grotta in cui nacque Gesù.

La celebrazione della S. Messa è officiata da don Domenico.

Continuiamo il nostro viaggio in pullman per giungere a AIN KAREM dove si trova la “Chiesa della Visitazione” - opera del Barluzzi – per ricordare il periodo in cui la Madonna incontrò Elisabetta – sua cugina  – e vi restò  fino alla nascita di San Giovanni Battista, figlio di Elisabetta e di Zaccaria.

La chiesa è chiamata anche “del nascondimento” perché si vuole che in quel luogo il Battista si sia nascosto nel tempo della “strage dei innocenti o primogeniti voluta da Erode a Betlemme e dintorni”.

A ricordare questo evento, nella chiesa è custodito un antico blocco di roccia simile a quello utilizzato per tappare la cavità entro la quale si era nascosto il Battista.

“La Chiesa di S. Giovanni Battista” è, invece, una costruzione avvenuta sui resti di antiche chiese (una bizantina ed una crociata, distrutte dagli arabi di Saladino) ad opera dei Francescani.

La costruzione ha inglobato parte di una casa che la tradizione vuole sia stata quella di Zaccaria ed Elisabetta e che nella cui grotta sia nato San Giovanni Battista. Una stella di marmo situata sotto l’altare ha questa scritta latina : “Hic precursore Domini natus est” – qui è nato il precursore del Signore.

Nel pomeriggio torniamo a Betlemme – la visita programmata è per la “Grotta della Madonna del Latte” poco distante dalla Chiesa della Natività.

La tradizione vuole che alla Madonna, mentre allattava Gesù Bambino, caddero alcune gocce di latte dal suo seno, che subito mutarono in bianco il colore rossiccio della roccia.  Questo fenomeno fece accorrere donne che avevano partorito e non potevano allattare i figli al proprio seno ovvero donne che non potevano diventar madri, le quali, spinte da questo tipo di venerazione,  bevevano le polveri della grotta sciolte nell’acqua per chiedere alla Madonna la “sospirata grazia della maternità o guarigioni da malattie incurabili e mortali”.

Questo tipo di culto alla Madonna si diffuse così rapidamente che i Frati francescani vi edificarono, quasi alla fine del XIX sec., un ospizio ed una chiesa, ampliata e modificata negli anni successivi. Un frate polacco ne conferma i prodigi miracolosi, mostrandoci nella piccola sagrestia  le fotografie che testimonia quanto da lui asserito; è deputato alla distribuzione delle bustine della polverina della grotta e delle preghiere scritte in diverse lingue, previa una piccola offerta.    Anche noi abbiamo comprato le bustine, spinti soltanto da una forte curiosità e portare a casa un diverso souvenir e non perché, in quel momento, abbiamo perso la fede e la speranza nel Signore per avere subito tra le mani un preparato per una giusta panacea alle nostre sofferenze ed a quelle dei nostri familiari .

Torniamo sui nostri passi per visitare la “Chiesa della Natività” – eretta sopra la grotta dove nacque Gesù.  Una bella basilica fu costruita nel 326 da Sant’Elena e distrutta qualche secolo più avanti; fu ricostruita con modifiche all’epoca dell’imperatore Giustiniano (i mosaici e le decorazioni sono di epoca crociata). Fu salvata, poi, dalla furia dei Persiani per il semplice fatto che sul prospetto del Tempio vi erano raffigurati  i re Magi con il costume nazionale persiano; è arrivata fino ai nostri giorni così com’era allora, con un solo ingresso voluto molto stretto per evitare che guerrieri e/o non credenti vi entrassero con asini e cavalli. La maggior parte dello spazio della Basilica è in possesso dei greci ortodossi, una piccola parte è riservata agli Armeni e, nella grotta,  lo spazio della “mangiatoia”, cioè il luogo – simbolicamente segnato da una stella – dove la Madonna depose il Bambino Gesù quando nacque – appartiene esclusivamente ai frati francescani.

Proseguendo la visita alla grotta della Natività, incontriamo alcune cappelle  dedicate a vari santi, tra cui San Giuseppe e San Girolamo.

Successivamente, ci portiamo alla “Chiesa di Santa Caterina D’Alessandria” dei cattolici latini di Betlemme, costruita dai frati Francescani su un’altra piccola chiesa, sempre dedicata alla Santa, con l’attiguo convento . Si scende per visitare la “Grotta di San Girolamo” il luogo dove ha vissuto gli ultimi 35 anni della sua vita, fino alla morte, e dove ha lavorato sui testi sacri, traducendo anche la Bibbia dall’ebraico in latino : “la Vulgata”.

Si ritorna in hotel per la cena e verso le ore 20,00 un fuori programma : una visita a Gerusalemme di notte.

7° Giorno30 agosto -.

Si ritorna a Gerusalemme – attraversiamo la “Porta dei Magrebini o del Letame” e la meta è il “Muro del Pianto” o “Muro della Preghiera” o “Muro Occidentale” . E’ ciò che rimane dalla distruzione del “secondo Tempio”- (il primo Tempio o Tempio di Salomone fu rovinosamente distrutto da Nabucodonosor); il secondo subì un forte ampliamento da parte di re Erode nell’anno 19 a.C. tanto da denominarlo Tempio di Erode. Quasi tutto fu, poi, raso al suolo da parte dell’imperatore romano Tito nel 70 d.C., lasciando intatte soltanto le forti fondamenta ed il muro di contenimento : proprio il “Muro Occidentale” .

La denominazione di “Muro del Pianto” o “Muro della Preghiera” è dovuta al fatto che gli Ebrei, dopo la distruzione del Tempio pregavano raccolti sulla spianata intorno alla “roccia sacra”, ma quando su gran parte della stessa spianata furono costruite la Moschea di El Aqsa” e la “Moschea di Omar” - la più importante è la prima perché si vuole che sia il luogo dove Maometto è salito verso il cielo – gli Ebrei venivano e vengono a pregare ma, soprattutto, a piangere davanti al muro,  maggiormente nei giorni di sabato e festivi,  per ricordare la distruzione ed una immediata ricostruzione del Tempio.

E’ il luogo religioso di Gerusalemme per eccellenza, il luogo ebraico delle riunioni del Sabhat (sabato giorno festivo per gli ebrei da dedicare al Signore  –  la domenica per i cristiani) e di altri giorni festivi,  è il luogo del “Bar Mitzvah” (figlio del precetto) quando gli adolescenti assumono le proprie responsabilità e dove si concretizza l’ingresso nella legge ebraica (al compimento del 13° anno di età per i maschietti e del 12° per le femminucce), con canti accompagnati con il suono di tamburi e del shofar (corno di ariete) .

Dopo aver superato i controlli al posto di blocco antistante il muro, veniamo separati: gli uomini da una parte e le donne da un’altra, così come vuole la religione ebraica ortodossa e con l’obbligo di entrare tutti nella spianata con il capo coperto in segno di rispetto verso Dio. Io ho preso uno di quelle kippah messe a disposizione, anche se qualsiasi copricapo o cappellino andava bene per lo scopo.  E’, a dir poco, impressionante il modo di pregare, la durata della preghiera, i movimenti e gli atteggiamenti del corpo, l’abbigliamento e la precisione con la quale legano il Tefillin al braccio sinistro ed in testa –  il Tefillin è un astuccio, da portarsi durante la preghiera del mattino, di cuoio nero con legacci per fissarli bene sia al braccio che alla testa, in cui sono conservate le pergamene in miniatura dei quattro brani della Torah – versi biblici della legge ebraica: una sola pergamena da legare al braccio e quattro più piccole da collocare sulla fronte.

Altrettanta devozione viene dedicata all’Aron – l’armadio sacro – in cui è custodito il tabernacolo contenente il Sefer Torah – i rotoli sacri – che vengono letti utilizzando lo yad, un bastoncino che serve per puntare il testo che deve essere letto, visto che è assolutamente vietato portare il segno con il dito come facciamo noi.

Erano talmente assorti nella loro preghiera che non venivano minimamente distratti dalla presenza degli altri e dei turisti curiosi, come me, che continuavano a fotografarli, a filmarli … anzi qualcuno mentre pregava (?) si è messo anche in posa per essere fotografato con noi … qualche seduto e con gli occhi chiusi dava persino l’idea che si fosse addormentato durante la preghiera.

Lasciamo il muro del pianto e ci dirigiamo verso il “Monte Sion” una collina che fu così denominata dai cristiani dopo l’ultima cena di Gesù consumata con i suoi apostoli l’ultima sera della sua vita, il luogo dove ha istituito l’Eucarestia ed è apparso ai discepoli dopo la sua morte in croce;  in memoria fu costruito un edificio francescano nel XIII sec., chiamato dagli stessi frati “Cenacolo”- ai quali rimase fino alla prima metà del ‘500, quando i turchi lo tolsero a loro con la forza e lo trasformarono in una moschea. Dopo circa un secolo i frati, che avevano perso il Cenacolo (oggi proprietà del comune di Gerusalemme), edificarono poco distante il “Cenacolino”.

Non si sa precisamente dove fosse il cenacolo di Gesù, anche perché di esso non è rimasto più nulla dopo la distruzione di Gerusalemme da parte di Adriano.

L’unica cosa certa è che si trovava proprio sulla collina del “Monte Sion”.

Al Cenacolino abbiamo celebrato  l’Eucaristica.

Il passo è breve per giungere alla  Chiesa della Dormizione” o ­­- in latino – “Dormitio Mariae”  .   E’ una costruzione dell’inizio del 1900 ed è ora tenuta dai Benedettini tedeschi.     Rappresenta il passaggio di Maria dalla vita terrena a quella eterna.

Si prosegue per “San Pietro in Gallicantu” ai pendii del Monte Sion, tenuta dai Padri Assunzionisti: rappresenta il “pianto dell’apostolo Pietro quando, al canto del gallo, per ben tre volte rinnegò Gesù”. Alla sinistra della chiesa, durante gli scavi, è stata portata alla luce una scalinata romana, che, si vuole, sia stata attraversata da Gesù “il giovedì santo” proveniente dal Cenacolo per andare all’orto del Getsemani.

E’ l’ora del pranzo – fra quelli a noi riservati, questo è il top dei ristoranti: il “Notre Dame di Gerusalemme” nei pressi di Porta Nova.

E’ sorto nell’anno 1885 come centro religioso di accoglimento per i pellegrini francesi – come quello già sorto a Jaffa Road per i pellegrini russi. Ha subito i suoi alti e bassi come conseguenze dei conflitti arabo / israeliani e delle due Intifada; si è ripreso solo nel 2004 con l’arrivo di nuovi e tanti pellegrini e con l’istituzione di numerosi uffici ecclesiastici.

Nel pomeriggio ci trasferiamo in Betania – un villaggio ai piedi del “monte degli Ulivi” sulla strada che porta verso Gerico, per la visita alla “Casa di Marta e Maria” – le sorelle di Lazzaro – e di Lazzaro (El Azar = colui che è aiutato da Dio)”  o  Casa dell’Amicizia (erano tutti e tre amici di Gesù) , al luogo dove è “avvenuta la resurrezione di Lazzaro”, alla di “Casa di Simone” ed alla “prima Tomba di Lazzaro” : la prima perché Lazzaro ebbe il privilegio di essere morto due volte e di avere due tombe (la seconda – sembra – sia a Costantinopoli i cui resti mortali furono trasportati da Cipro – dove era stato ordinato vescovo – per volere dell’imperatore Leone VI detto il Filosofo) .

Questa tomba, seppure vuota, è stata da secoli luogo di venerazione da parte dei cristiani, su cui fu eretta una prima chiesa distrutta da un terremoto; i crociati ne costruirono una seconda con un convento per sole femmine – da questa chiesa si scendeva direttamente alla Tomba di Lazzaro. Ora, invece, l’accesso è dalla strada esterna e bisogna scendere 24 scalini tra cunicoli abbastanza stretti, passando da sotto una moschea, costruita dai musulmani che vennero in possesso delle rovine della chiesa crociata e del luogo circostante – la chiave della porta di accesso alla tomba è custodita da una famiglia musulmana che lascia visitare il luogo ai pellegrini e turisti previo pagamento di 1,00 €uro a testa.

L’attuale Santuario – opera sempre dell’arch. romano Barluzzi (1954) – costruito sulle rovine della  “Casa dei tre fratelli”- è a forma di tomba, con una luce posta nell’alto che vuole ricordarci “la risurrezione e la vita che ci dona Gesù”.

Lasciamo la Betania in direzione di Gerusalemme – Piazza della Mangiatoia – per un’altra breve  visita alla “Basilica della Natività” e pomeriggio libero -.

8° Giorno31 agosto -. Via Crucis – Arriviamo alla Porta di Damasco ed attraversiamo le stradine del mercato: la gente si sta svegliando e solo qualche negozio è aperto – spesso dobbiamo addossarci ai muri delle stradine per lasciar passare qualche auto ed i piccoli automezzi che trasportano frutta, verdura ed altra mercanzia per i negozi.

Si vuole che sia lo stesso percorso fatto da Gesù; ma è ben noto che Gerusalemme è un misto tra fede, sacralità, valore morale e certezza storica.

Franco sceglie 14 persone tra il gruppo per leggere i brani del Vangelo e le relative preghiere.    Imbocchiamo la Via Dolorosa o Via del Calvario – nel quartiere musulmano – e sostiamo alla 1 Stazione (Gesù è flagellato, deriso e condannato a morte da Pilato) – originariamente era il luogo dove attualmente si trova una scuola islamica.

Dopo  l’adorazione, la preghiera ed il canto proseguiamo per la II Stazione(a Gesù viene imposta la croce) – viene ricordata sulla facciata esterna della “Cappella Condanna o della flagellazione”. E’ la zona che si incrocia  con il Litostroto (dal greco: strada lastricata), un luogo situato di fronte al pretorio, dove Pilato condannò a morte Gesù e lo mostrò al popolo (a ricordarlo è l’arco del  “Ecce homo” – “ecco l’uomo”) , e dal quale, dopo essere stato flagellato e schernito dai soldati romani, discese con la croce sulle spalle  (si vuole che sia stato il luogo in cui i soldati romani traevano a sorte un condannato a morte e, per scherzo, lo nominavano “re” ed al quale, sempre per scherzo, bisognava ubbidire. La fatalità del caso ha voluto che Gesù fosse stato condannato anche perché  era il “re dei Giudei” ed il gioco si fece ancor più divertente per i soldati, che gli conficcarono sul capo la “corona di spine”, formata da un arbusto molto spinoso che cresceva nella Giudea              ancora oggi,  nelle vicinanze della chiesa della Flagellazione crescono  arbusti con spine lunghe, dure e pungenti,  simili  a quelle poste sulla fronte di Gesù              e con una canna in mano a mò di scettro. Il gioco andava avanti fino alla tragica morte del condannato. – In questa zona, tracce storiche ben evidenti hanno dimostrato la veridicità di questo gioco e, quindi, non ci sarebbero motivi di non credere a quanto raccontano i vangeli e che anche Gesù sia stato sottoposto a questo atroce gioco).

Anche qui adorazione, preghiera e canto, così come per tutte le stazioni successive.

La III Stazione(Gesù cade per la prima volta) – Il punto è indicato dal bassorilievo della “Cappella Polacca” (così chiamata perché, nella prima metà del 190,0 fu restaurata con i fondi donati dai militari polacchi).

La IV Stazione(Gesù incontra la madre Maria) – E’ poco distante dalla precedente stazione e ci si arriva attraversando il cortile del Patriarcato Cattolico Armeno, superando la chiesa ricostruita in onore di “Santa Maria dello Spasimo” in tema con la postazione. Il punto in cui sostare è poco più avanti, segnato sul muro della strada.

La V Stazione(Simone il cireneo aiuta Gesù a portare la croce) – La postazione è nelle immediate prossimità di una chiesa francescana sulla cui porta d’ingresso è riportata la scritta in latino.

La VI Stazione(la Veronica con il suo velo asciuga il volto di Gesù) –  Il punto è segnato dalla cappella dedicata a “Santa Veronica” – si vuole che sia stata la casa della Santa – in possesso dei Greci Cattolici.

La VII Stazione(Gesù cade per la seconda volta) – Gesù cade ancora mentre sta attraversando la porta che conduce fuori dalla città (le condanne a morte venivano eseguite fuori dalle mura della città). Il punto è segnato da una targa in metallo  e da una in legno, che indica il numero della stazione, sotto la quale vi è una piccola edicola francescana .

La VIII Stazione(Gesù incontra le pie donne di Gerusalemme) – Gesù esorta le pie donne ebree, che, vinta la paura dei soldati, piangenti vanno incontro a Gesù, che le esorta a non piangere per lui, ma per se stesse e per i loro figli. Un piccolo numero VIII ed una croce nera sulla facciata del muro di un convento greco ortodosso segna il punto della sosta.

La IX Stazione(Gesù cade per la terza volta) – Una colonna di granito bianco, incastrata nel muro  all’ingresso di un convento copto, indica la sosta per la preghiera, ma si vuole che sia anche il punto esatto in cui Gesù sia caduto.

Siamo giunti nelle vicinanze del tetto del Santo Sepolcro, dal quale, attraverso la porta della piccola cappella degli Etiopi e scendendo alcuni scalini, ci troviamo sul piazzale del  Santo Sepolcro. Le altre cinque stazioni si trovano all’interno della Basilica, il punto terminale della Via Dolorosa.

La X Stazione(Gesù è spogliato delle sue vesti) – Questa stazione è ricordata nella “Cappella francescana della Crocifissione sul Calvario”.

Anche la XI Stazione(Gesù è inchiodato sulla croce) – e la XII Stazione(Gesù muore sulla croce) – sono ricordate nella “Cappella della Crocifissione sulla cima del Golgota (= “Cranio” per la sua conformazione ad una calotta cranica) è il punto in cui si vuole che Gesù sia stato inchiodato sulla croce ed il punto in cui  sia morto – i due punti sono segnati al centro da un altare greco – ortodosso ed a destra da un altare dei frati francescani.

Siamo sul piazzale esterno alla Basilica del “Santo Sepolcro” , la cui facciata e visibilmente rovinata e priva di qualsiasi tipo di manutenzione – segno evidente è quella scaletta in legno posta tra il cornicione e la vetrata di destra – sotto la porta murata, risalente ai primi anni del 1700 (oltre 300 anni), a significare che nessuna comunità religiosa officiante nella Basilica ha il diritto di toccare la parte esterna. Ma il motivo è un altro ed è ben chiaro a tutti:  l’usurpazione di spazi interni e la mancanza di una stabilità, la mancanza di una collaborazione e di una convivenza pacifica tra le varie comunità religiose.

Basti pensare che persino la chiave dell’ingresso è tenuta da una famiglia di musulmani, cosa voluta da Saladino, alla fine dell’anno 1100, nell’intento di creare pace e tranquillità tra i vari religiosi. L’incarico ricevuto non è mai venuto meno e si è tramandato da padre in figlio; anzi la situazione divenne ancora più assurda – per non dire ridicola – quando sotto il dominio degli Ottomani, durante l’anno 1700, un’altra famiglia musulmana fu nominata per collaborare con quella precedente. Attualmente un componente della seconda famiglia, alle quattro di ogni mattina, porta la chiave della chiesa ad altro componente della seconda famiglia ed assiste all’apertura ed alla chiusura della porta d’ingresso della Basilica.

La XIII Stazione(Gesù è deposto dalla croce) – è rappresentata dalla “Pietra dell’Unzione di Cristo” che è posta proprio all’ingresso della Basilica del Santo Sepolcro. E’ una lastra di roccia di colore rossastro, su cui la tradizione vuole che sia stato adagiato il corpo di Gesù, deposto dalla croce, per essere unto, profumato, la preparazione rituale dei Giudei prima della sepoltura, e poi avvolto nel bianco lenzuolo – il sudario, la sindone.

Continuiamo la visita all’interno della Basilica: girando sulla sinistra del “Coro dei Greci – il Catholicon” – si incontra un piccolo sacrario armeno; proprio dietro la “cappella del Santo Sepolcro” c’è una piccolissima Cappella Copta e di fronte la Cappella Giacobita, tutta annerita e danneggiata a seguito di un incendio; superata la seconda parte del colonnato dell’Anastasis, troviamo la “Cappella di S. Maria Maddalena” e poco più avanti la “Cappella del SS. Sacramento o dell’Apparizione” di Gesù a sua madre Maria, tenuta dai frati francescani, con l’annesso coro e convento;  teniamo la celebrazione Eucaristica nella suggestiva e piccola cappella di  origine crociata.

Dopo la Messa, riprendiamo la visita all’interno della Basilica. Superiamo gli “Archi della Vergine”, a sinistra troviamo il “Carcere di Gesù” con l’altare annerito dal fumo delle candele; a destra, invece, in fondo al corridoio, troviamo la “Cappella di San Longino” - dedicata al soldato romano che, con la sua lancia, aveva lacerato il costato di Gesù sulla croce per accertarne la morte; si tramanda che Longino fosse quasi cieco e che, quando trafisse Gesù con la lancia, uscì un fiotto di sangue che finì sui suoi occhi … fu guarito dalla cecità. In seguito si era convertito al cristianesimo e, accusato di alto tradimento, fu decapitato per ordine di Pilato -.

Si va avanti ed incontriamo la Cappella della Vestizione o della divisione delle vesti”, e la “Cappella di Sant’Elena”, il cui possesso è degli armeni; delle scale di lato conducono in un’antica cisterna romana, successivamente trasformata nella cattolica “Capella dell’Invenzione della Santa Croce, dove, si vuole, che sia il luogo in cui Sant’Elena, madre dell’imperatore Costantino, abbia ritrovato diversi frammenti di legno ritenuti appartenenti alla Vera Croce di Gesù.

Visitiamo, poi, la “Cappella di Adamo” posta sotto il Calvario – una popolare leggenda vuole che vi sia stato sepolto Adamo; nella stessa cappella, una roccia spaccata in due parti ricorderebbero il momento in cui Gesù morì sulla croce e delle scosse telluriche spaccarono la roccia in due. Tale leggenda vuole, altresì, che, attraverso questa fenditura nella roccia, sia colato il sangue di Cristo fino al cranio di Adamo per redimerlo da tutti i peccati; ecco perché, nelle illustrazioni e/o rappresentazioni della crocefissione, veniva spesso raffigurato un teschio ai piedi della Croce” -.

Infine, troviamo la “Cappella degli Improperi” o delle ingiurie,  delle offese rivolte a Gesù.

La XIV Stazione(Gesù è sepolto) – è rappresentata dall’  “Edicola del Santo Sepolcro” che domina sulle due piccole stanze della tomba di Gesù.

L’accesso per i rituali religiosi nell’“Edicola del Santo Sepolcro” è riservato ai cattolici latini, ai greci ortodossi ed agli armeni. La prima piccola stanza, avanti la tomba di Gesù, è detta “Cappella dell’Angelo” in onore dell’Angelo che fu trovato seduto sulla pietra che copriva il sepolcro – in quel momento  vuoto per l’avvenuta resurrezione – una parte di questa pietra rocciosa è stata incastrata nel basamento marmoreo posto al centro della cappella.

Da qui, una piccola porta stretta, porta al luogo della “tomba di Gesù – il Santo Sepolcro”: il lastrone di marmo è per ricordare il punto in cui Gesù fu sepolto e, sotto la bordatura di marmo, è conservata la roccia – che si vuole originaria – che servì come letto funerario.

La costruzione del  “Santo Sepolcro” venne portata a termine nel 335, a completamento ed a modificazione di una chiesa in costruzione voluta da Costantino I, nell’anno 325, che ne aveva disposto i lavori per evocare il luogo della Passione di Cristo. Ma, durante gli scavi, venne alla luce la “tomba di Gesù”, che diventò oggetto di nuovi lavori con la costruzione di un monumento sepolcrale – l’Anastasis = in greco “Resurrezione” – attorno alla ritrovata tomba, che inglobò, sul luogo del Golgota, i resti della grotta di Sant’Elena e di San Macario, i primi ad aver considerato identico quel luogo come quello della crocifissione e della  sepoltura di Gesù; il caso volle che Elena, la madre di Costantino, si recasse in quel di Gerusalemme per invogliare la costruzione di altre due chiese – l’Eleona e la Natività”- e durante una visita al costruendo Mausoleo, si vuole, che abbia lei personalmente ritrovato alcuni pezzi della Vera Croce – alcuni storici suppongono ed altri, invece, ammettono e tramandano che era solo presente sul posto nel momento del ritrovamento dei frammenti -.

Sebbene la Basilica, nel corso di tanti anni, abbia subito innumerevoli ammodernamenti e cambiamenti – anche maldestri – a seguito di incendi e di rovinose distruzioni provocate da terremoti o per mano di califfi musulmani, la chiesa è stata sempre ritenuta come il luogo reale della crocifissione, morte,  sepoltura e resurrezione di Gesù.

Il  “Santo Sepolcro” è indubbiamente ritenuto, da fedeli e non, il luogo più sacro di tutto il mondo, e tutti si restano amareggiati ed offesi dal suo stato di abbandono; l’intera edicola è dal 1947 che viene sostenuta da una fortificata impalcatura in ferro. Ad oggi, non si è ancora stabilito un progetto d’intervento per la sua restaurazione e per la sua messa in sicurezza, causa  le violenti discordie e contese locali .

**** E’ durante l’attesa per entrare nel sepolcro che vedi, ascolti, osservi … e rifletti … “qui è il santo sepolcro, qui tutte le comunità cristiane dovrebbero accomunarsi, stringere alleanza ed esplodere di gioia, innalzando canti e recitando preghiere al Signore…il luogo è quello giusto!  Qui, invece, viene espresso – e lasciatemi passare questo pensiero, che, sebbene possa sembrare contraddittorio con quello che ho detto all’inizio, ci vuole ben altro per far crollare la mia fede – il massimo della cattiveria che alberga nel cuore di chi si dichiara cristiano, dove si tocca con mano l’instabilità di un equilibrio che dovrebbe mettere d’accordo le comunità religiose dei Latini, Greco-Ortodossi, Armeni, Copte, Etiopi e Siriache,  le quali occupano, all’interno della Basilica, tutti gli  spazi possibili, ancora tanto contestati e discussi, con l’affermazione di regole da osservarsi in modo rigoroso ed esasperante dalle altre comunità, senza avere una benché minima possibilità di  derogarvi (non è lontana la grande rissa tra greci ed armeni scoppiata per disaccordi sui preparativi di una cerimonia religiosa).

E’ il luogo dove i preposti dei vari ordini religiosi dovrebbero intensificare la fede in Dio con una maggiore diffusione e riflessione della sua parola; invece, la fratellanza degli uomini viene messa da parte, la fede passa in secondo ordine,  i veri valori della cristianità vengono emarginati ed emergono invece i dissapori, i contrasti, le differenze delle comunità religiose e … perché no… anche le prepotenze per ottenere con la forza il pieno possesso della Basilica.

Io e mia moglie, e penso tutti, abbiamo fatto una fila di circa due ore, e come gli altri, avremmo voluto sostare qualche minuto in più (e dico minuto e non ora)  su quella tomba ed uscirne soddisfatti per aver pregato con calma e non in fretta e furia così come è successo; capisco che la gente è tantissima, ma i guardiani preti ortodossi, con un volto tutto accigliato, scontrosi ed infastiditi dalla nostra presenza, comunque non ti consentono di farlo …. ed io ho continuato a pregare stando fuori.****

A questo punto, mi sembra doveroso riportare uno stralcio della riflessione del sig. Francesco Gasparetti da Santo Sepolcro: la gabbia del cristianesimo”- “Gerusalemme. Popinga”   :

…  … in questo grande reliquiario, la fede cristiana è ridotta ad una adorazione delle icone, degli “oggetti sacri” e dei “luoghi sacri”.  Il “mistero della fede”, ovvero la morte e resurrezione di Gesù Cristo, diventa una mera adorazione di tre sassi:                                       – – uno su cui è stata posta la croce (il Golgota).                                                                             –  – uno su cui è stato deposto il corpo del Messia dopo la sua morte (tra l’altro la pietra è stata più volte sostituita e risale al XVIII secolo).                                                                                 – – uno, racchiuso da una instabile cappella, che secondo la tradizione è il sepolcro di Gesù Cristo, donato da Giovanni di Arimatea, da cui il Messia è risorto nel giorno della Pasqua.

In definitiva il Santo Sepolcro sembra un luogo in cui la spiritualità si è trasformata in feticismo, e che rappresenta il paradigma della complessità medio-orientale e delle difficoltà di convivenza non solo tra differenti fedi .- …  .

Dopo pranzo, due sono le visite in programma: la “piscina Probatica” e la “Chiesa di Sant’Anna”. L’autobus ci ferma all’inizio di una stradina tutta sconnessa e piena di escrementi animali (e forse anche umani); lungo il percorso incontriamo baracche e bancarelle per la vendita di mercanzia, in gran parte di scarpe.  Alla vista del gruppo i mercanti si sono destati dal loro pisolino – metti pure il gran caldo – e, soprattutto i ragazzini, ci vengono incontro e ci rincorrono con la mercanzia tra le mani … li dribbliamo e filiamo diritto cercando di attraversare quel luogo in fretta anche per l’emanazione del gran fetore che si era ristagnato addosso e nelle narici.

Attraversiamo la “Porta di Santo Stefano o dei Leoni o di Sitti Mariam” ed arriviamo alla “Piscina Probatica” – è anche detta :  Piscina delle pecore (erano animali da sacrificare, per cui venivano prima lavate e purificate nella piscina ) oppure Piscina Betesda o di Betzaeta (in ebraico = “Casa della Misericordia” perché accorrevano tanti malati da tutte le parti per guarire dai loro mali tuffandosi nella piscina, le cui acque erano ritenute portentose).

E’ qui che è avvenuto il miracolo della guarigione del paralitico descritto nel vangelo di Giovanni. Con i suoi 120×60 mt. ed una profondità di 20 mt. e con le sue rovine ben conservate, è la memoria storica più antica, anche se non è stata trovata traccia nei manoscritti più antichi e più importanti; la troviamo, invece, come annotazione nel passo del vangelo di Giovanni (5,4): Un angelo infatti in certi momenti discendeva nella piscina e agitava l’acqua; il primo ad entrarvi dopo l’agitazione dell’acqua guariva da qualsiasi malattia fosse affetto”….

Il mistero è presto chiarito: le acque erano sorgive e nel venir fuori, dal basso verso l’alto, agitavano la superficie; la presenza dell’angelo è cosa voluta per puntualizzare come le virtù terapeutiche delle acque fossero un qualcosa di sovrannaturale.

La “Chiesa di Sant’Anna” è nelle immediate vicinanze; l’attuale costruzione è di origine crociata, ben conservata, ed è gestita dai Padri Bianchi. Non c’è alcun presupposto storico, ma un’antica tradizione vuole che questo luogo fosse la casa di Anna e Gioacchino e quella in cui nacque Maria, la madre di Gesù; la cripta custodisce la grotta (la casa) in cui Maria visse da bambina.

Si rientra all’hotel Paradise e dopo cena comincio a sentirmi male: forte dissenteria, vomito e febbre; per pura precauzione avevo portato medicinali utili allo scopo … mi son tornati utili e al mattino, anche se un po’ provato,   mi sento in condizioni di poter affrontare il viaggio di ritorno.

9° giorno – 1° settembre – Mercoledì ultimo giorno – prima di andare all’aeroporto, c’è ancora tempo per tornare alla “Chiesa della Natività” per la celebrazione dell’Eucarestia nella “Chiesa di Santa Caterina D’Alessandria” . Peccato per me perché, quasi all’inizio della celebrazione, mi sento male per un forte calo di pressione e vertigini; devo uscir fuori nel giardinetto e, seduto all’ombra di un albero e con l’aria leggermente ventilata, riesco a riprendermi.

Risaliamo sul pullman che ci porta verso l’aeroporto di Tel Aviv;  superiamo i controlli senza grandi difficoltà ed imbarchiamo i bagagli –  essendo arrivati con largo anticipo ne approfittiamo per mangiare; i cestini, con i panini, la frutta ed una bottiglina d’acqua ci sono stati dati da un centro di distribuzione che si trovava lungo la strada per l’aeroporto.

Sull’aereo don Ferdinando benedice noi e gli oggetti sacri che ognuno di noi ha comprato, anche se sono chiusi nelle valige o che portiamo con noi nel bagaglio a mano.

Arrivo a Roma Fiumicino alle ore 18,30 – ci siamo salutati tutti, con la promessa di non perdersi di vista e di restare in contatto; a tanti, e non poteva essere diversamente, qualche lacrima ha arrossato gli occhi e qualche altro, pur resistendo, non ha nascosto la propria commozione – era proprio un bel gruppo – (don Ferdinando ha l’amara sorpresa di non trovare la sua valigia; gliela portano a casa il martedì della settimana successiva 6 settembre).