Notizie storiche sul 2° itinerario

╠ Il museo archeologico Nazionale - L’edificio che attualmente ospita il Museo fu costruito nel 1585/1586 su una superficie dell’antica necropoli della greca Neapolis di Santa Teresa degli Scalzi; era destinato a caserma di cavalleria, situato subito fuori dalle mura di cinta, molto più piccolo dell’attuale palazzo, che è uno dei maggiori tra quelli monumentali esistenti a Napoli.

Nel 1612, in seguito ad ampliamenti e trasformazioni, l’edificio, che aveva ormai perso la funzione di caserma, fu  designato come “Palazzo dei Regi Studi – Università di Napoli” dal viceré don Pedro Fernandez de Castro, conte di Lemos.

Nel 1777, su disposizione del re Ferdinando IV, l’Università fu trasferita nel Real Convitto del Salvatore, ed il seicentesco Palazzo dei Regi Studi fu destinato a Museo Borbonico e Real Biblioteca. Queste ferme decisioni, che man mano si realizzavano, concretizzavano quello che era in animo ai reali di Borbone per creare a Napoli, capitale del Regno, un enorme e maestoso istituto per le arti, raccogliendo, in un unico complesso, libri, volumi, collezioni, reperti dell’antichità ed archeologici.

Malgrado le forti difficoltà economiche ed i gran capovolgimenti dei fronti politici dell’epoca, , nel 1801 fu inaugurato il Gran Salone della Meridiana, con la “Real Biblioteca di Napoli”, e, sotto il dominio francese, tra il 1806 ed il 1815, avvenne l’inaugurazione della prima parte del “Museo Reale”.

Il ritorno di Carlo di Borbone arricchisce di molto il Museo napoletano con nuovi ed importanti collezioni,reperti ed oggetti, tanto che diventò (e lo è ancora oggi) uno dei più celebri e conosciuti al mondo.

Esso accoglie:

1. la Raccolta Farnese, voluta a Napoli da Carlo, figlio di Elisabetta, ultima discendente dei Farnese; è una bellissima collezione costituita, per lo più, da statue in marmo e da reperti provenienti da Roma e dintorni (Villa Madama, Terme di Caracalla, Farnesina, ecc.);  tra cui spiccano, in particolar modo:

a)la statua in marmo dell’Ercole Farnese, una straordinaria copia dell’originale scultura di bronzo creata dallo scultore greco Lisippo;

 

b) il maestoso e superbo Toro Farnese, un enorme gruppo di scultura marmorea del periodo ellenistico, definita, in epoca borbonica, la “meravigliosa montagna di marmo” da Federico o Federigo Zuccaro o Zuccari o Zuzzheri, pittore pesarese, perché la scultura è stata tratta da un unico blocco di marmo ed i personaggi sono di dimensioni reali. E’ opera di scultori di Rosi, in grecia, e da lì fu trasportata a Roma da Asinio Pollione, politico romano, ma amante e collezionista di opere d’arte (c’è chi sostiene che sia una copia di un originale che noin c’è più).  Rappresenta “il supplizio di Dirce”, una figura mitologica greca, morta calpestata da un toro, alle cui corna era stata legata dai nipoti per vendicarsi dei maltrattamenti subiti dalla loro madre e per essere stati cacciati ed abbandonati ancora infanti dallo zio, ucciso anche lui dai nipoti. E’, senza alcun dubbio, la più grande scultura dell’antichità ellenica, ritrovata nelle Terme di Caracalla a Roma, nel 1545, durante appositi scavi ordinati da Papa Paolo III alla ricerca di  antiche sculture per abbellire la sua residenza; ma al suo ritrovamento, la scultura fu subito acquistata dai Farnese (La collezione farnesiana non è solo questa scultura).

2. l’importante, quanto mai unica, collezione Borgia, di antichità egizie, greche, etrusche, romane, arabe, indiane, ecc. , raccolte dal Cardinale Stefano Borgia da Velletri, durante le sue missioni all’estero; avendo, quindi, la possibilità di reperire oggetti d’arte in ogni suo viaggio nelle più svariate parti del mondo, poté arricchire la sua preziosa collezione nella sua dimora di Velletri. Ma alla sua morte, l’eredità passò nelle mani del nipote Camillo Borgia, che volle disfarsene vendendo al miglior offerente; non riuscendovi con il re di Danimarca, vi riuscì con Gioacchino Murat, re di Napoli, approfittando del fatto che, in quegli anni, la politica francese favoriva gli acquisti di collezioni o arte italiana per l’arricchimento culturale dei musei imperiali; gli acquisti della “Collezione Borgia” furono, poi, conclusi da re Ferdinando IV di Borbone, nel 1814, ad eccezione dei manoscritti, attualmente custoditi presso la Biblioteca Vaticana.

3. la collezione nolana dei fratelli Vivenzio, dagli stessi venduta, nel 1806, al Real Museo di Napoli; dell’intera collezione della “Galleria dei vasi”, l’ Hydria Vivenzio viene descritta come uno dei pezzi più belli e pregevoli. E’ un vaso etrusco del V secolo a.C., ritrovato nella necropoli di Nola (NA), completamente dipinto a figure rosse, che riporta scene  “dell’ultima notte di Ilio”, opera del pittore Kleophrades, nome convenzionale dato all’anonimo pittore ateniese.

4. la collezione personale di Carolina Bonaparte, moglie di Murat, facendola custodire nella Cappella Palatina. Si tratta di reperti archeologici provenienti dall’ipogeo Monterisi-Rossignoli, ritrovato a Canosa di Puglia nel 1813 da un contadino che lavorava presso la sua abitazione per la costruzione di una cantina; oltre a tanti reperti trafugati al momento stesso del ritrovamento da personaggi illustri della cittadina pugliese, altri furono donati o acquistati da Carolina Bonaparte, per la sua collezione privata, o trasferiti, nel 1814, presso il Real Museo di Napoli.

Nella sua frettolosa fuga da Napoli, Carolina portò con sé anche gran parte della collezione, che poi vendette a Ludwig di Baviera, che poi fortunatamente ritrovati n el Museo delle antichità di Monaco di Baviera.

5. le collezioni Santangelo – Nel Palazzo, acquistato dai Carafa, Nicola Santangelo esponeva in privato le sue collezioni di vasi, bronzi, terrecotte, vetri e, soprattutto,  monete, disposte  tra il piano terra e l’appartamento superiore. Per le continue difficoltà economiche, nel 1864, fu costretto a contattare alcuni antiquari di Parigi (si era sempre nel periodo in cui i francesi erano protesi all’arricchimento dei musei imperiali) con l’intento di vendere la sua intera raccolta per una cifra abbastanza considerevole per quell’epoca; il Direttore p.t. del Museo Archeologico Nazionale di Napoli, non potendo lo stato italiano disporre di quella esorbitante cifra, riuscì a far acquistare la collezione dal Municipio di Napoli per quanto richiesto e, così, fu posta in esposizione al pubblico, per la prima volta nel Museo archeologico, in tre sale messe a disposizione al primo piano, nel gennaio del 1867.

6. Una sezione custodisce opere della Napoli preistorica fino al tardo antico; altre sezioni, tra il primo ed il secondo piano, ospitano collezioni di oggetti preziosi, armi, pregevoli vasi di terracotta, vetri, argenti, oggetti e strumenti comuni di uso domestico e da lavoro, la raccolta di  alcune pitture, mosaici e reperti provenienti dagli scavi di Pompei, di Ercolano, di Stabia, di Cuma e di altre città della Campania.