Napoli sotterranea

La parte della città storica di Napoli è attraversata da una serie di cunicoli labirintici, di cisterne e cavità, che si estendono e si intersecano per chilometri sotto palazzi e strade sovrastanti.

E’ un mondo davvero incantevole e meraviglioso, portato alla luce dopo vent’anni di duro lavoro, con scavi e bonifiche del sottosuolo, da parte di un gruppo di volontari, che, dopo una giornata di lavoro, volentieri scendeva nel ventre della città per portare alla luce quella parte di Napoli nascosta che tutti sapevano, ma che nessuno ancora ne aveva visto la grandezza, la lunghezza, la bellezza e conosciuto la sua storia.

E’ superfluo dire che le prime  trasformazioni nel sottosuolo avvennero per mano dei Greci (470 a.C. ?) che costruirono i primi serbatoi e le prime vasche per la raccolta delle acque piovane, nonché all’estrazione classica pietra gialla di tufo, di cui Napoli e la Campania ne é  piena, per la costruzione dei primi edifici, templi e case.

Successivamente furono creati veri e propri acquedotti, con ulteriori scavi, la creazione di cunicoli e, ovviamente, con l’estrazione di ulteriore roccia tufacea, soprattutto nel periodo angioino in cui si vide una vera e grande espansione urbanistica di Napoli: al centro si scavava per estrarre le pietre di tufo e tutt’intorno si costruivano case, edifici ed altro.

Tutto ciò si intensificò ancora di più, quando, alla fine del 1500 e nel primo ventennio del 1600, fu proibito di importare in città qualsiasi tipo di materiale da costruzione; giocoforza si continuò ad estrarre dal sottosuolo, sfruttando le cave e le cisterne già esistenti; il tutto, però, con criteri e tecniche che garantivano la solidità del sottosuolo ed evitavano crolli delle zone sovrastanti.

In quel periodo, si rilevò in sufficiente a soddisfare l’esigenza delle popolazione anche l’intera rete idrica sotterranea, tanto che fu costruto, nel 1327, un nuovo acquedotto grazie al genero finanziamento del nobile e facoltoso napoletano Cesare Carmignano, da cui l’acquedotto prese il nome, su progettazione dell’ingegnere idraulico Alessandro Ciminello, prelevando l’acqua dal fiume Faenza, che scorreva nei pressi di Santagata dei Goti, attraversando le località di  Maddaloni, Molinello e Tavone.

La portata delle acque fu, poi, impoverita nel 1700, per volere di re Ferdinando, per portare acqua per la cascata della Reggia di Caserta.

I cunicoli, scavati nel sottosuolo, tornarono molto utili durante i forti bombardamenti avvenuti negli anni della seconda guerra mondiale, offrendo un ottimo e sicuro rifugio ai cittadini lungo i 369  ricoveri appositamente allestiti.

Dopo la guerra tutti dimenticarono il sottosuolo della città, e, vuoi per un motivo e vuoi per un altro, tutte le macerie derivanti dai bombardamenti furono versate nelle cisterne e nelle cave, le quali, con il passar del tempo, furono adibite anche a discariche di rifiuti.

L’opera dei volontari e dei tanti altri addetti ai lavori hanno ridato luce, lustro e storia a questi luoghi sotterranei; sulle mura dai tanti graffiti e disegni, voluti ed  improvvisati, si può leggere di tutto e di più: storia, i nomi dei personaggi dell’epoca, la loro caricatura e la loro satira, figure di costumi di un tempo, di soldati e di sovrani che si sono avvicendati nel corso dei secoli, date storiche  e non,  date ed informazioni su due sommergibili il “Diaspro” ed il “Topazio”, appartenenti al 2° Gruppo Sommergibili della Regia Marina Italiana di stanza a Napoli, considerazioni, paure ed avvenimenti drammatici e belli lasciati in quelle testimonianze, come il luogo appartato degli “Sposi”, il luogo preciso delle scale su cui la Signora Carmela Montagna ha partorito la figlioletta Anna, mentre fuori imperversava un furioso bombardamento.

Sono disegni graffiati sul muro, per lo più, da persone che erano pratici di graffiti avvezze al disegno; infatti, di sicuro è di mano esperta il disegno di Amedeo Nazzari molto giovane e già molto noto, le immagini caricaturali di Hitler, Mussolini e dell’imperatore del Giappone Hirohito, figure di donne, la riproduzione dell’aereo S.M.79 (Savoia – Marchetti Sparviero un bombardiere, soprannominato “il gobbo maledetto”, della Regia Aeronautica Militare Italiana utilizzato anche nel 2° conflitto mondiale), la riproduzione di un carro armato e persino la presenza di un blindato rubato ai tedeschi e nascosto giù in quei cunicoli.

 

Per finire, i resti di un teatro greco – romano, in cui si esibì più volte anche l’imperatore Nerone, il quale, amante della poesia soprattutto quella greca, si esibiva a Napoli recitando opere di sua composizione; gli storici dell’epoca (Tacito e Svetonio) hanno scritto che sceglieva spettatori accondiscendenti e prezzolati per riscuotere applausi; pare che non sia bastato neppure un terremoto a fargli smettere di recitare.

 

L’accesso per la visita a questo teatro è possibile soltanto da un basso, regolarmente abitato da una famiglia fino a poco tempo fa; si scende attraverso una botola che si trova sotto il letto a scorrimento, un classico delle vecchie case napoletane.

Gli accessi sono possibili da:

  1. a. Via Sant’Anna di Palazzo;
  2. b. Piazza San Gaetano (è considerato il principale accesso), nei pressi della Basilica di San Paolo Maggiore e nei pressi di Via dei Tribunali;
  3. c. Piazza Trieste e Trento, di fronte al Bar Gambrinus, a pochi metri da Piazza Plebiscito.

Si consiglia, però, di rivolgersi direttamente alle varie agenzie dislocate in loco, previo appuntamento, ed evitare il “fai da te”. Si consiglia, altresì, di munirsi di qualche indumento per ripararsi dalla forte umidità e dal freddo delle gallerie.