Napoli 5° itinerario

Questo itinerario ci allontana un bel po’ da Villa Floridiana, e parte dal primo tratto del Lungomare di Via Nazario Sauro e giungere nel Borgo Santa Lucia, nel quartiere San Ferdinando (15 minuti in auto e 45 minuti a piedi);  qui, per prima ammiriamo, la bella “Fontana del Gigante o dell’Immacolatella” realizzata nel 1601 da Pietro Bernini e Michelangelo Naccherino. I due nomi sono dovuti alle due diverse collocazioni: la prima fu nelle immediate vicinanze del Palazzo Reale, nel posto in cui si trovava la statua del Gigante, un enorme e massiccio busto di marmo portato alla luce durante gli scavi di Cuma e fatto portare a Napoli, nel 1668, dal viceré di Spagna don Pedro Antonio d’Aragona; ora si trova nel giardino del Museo Archeologico Nazionale. La seconda denominazione le è stata attribuita nel 1815, quando fu collocata di fronte al nuovo molo del porto di Napoli, detto appunto dell’Immacolatella. Nel 1905 trova definitiva collocazione in questa strada, creata ex novo per la sua sistemazione. E’ formata da tre archi a tutto sesto, quello centrale è il più grande; la vasca della fontana è adornata da due animali marini; nei due archi laterali, due statue fluviali sorreggono tra le mani mostri marini, mentre le cariatidi alle due estremità sorreggono la cornucopia, simbolo dell’abbondanza; infine, sui due archi laterali sono stati collocati gli stemmi del viceré e della città di Napoli, e, al centro, quello del re di Spagna.

-) -) Ci si sposta di poco a lato, per Via Partenope e giungere ad un altro dei luoghi più incantevoli di Napoli, seppur grande quanto un fazzoletto: il “Borgo Marinari” , sull’isolotto di Megaride, su cui approdarono i primi navigatori e coloni greci di Rodi e che i Romani  inglobarono nella famosa e lussuosa “Villa di Lucio Licinio Lucullo”, con bellissimi giardini, una ricchissima biblioteca, tanti alberi di pesche e di ciliegie, una novità dell’epoca importanti direttamente dalla Persia, e, persino,  allevamenti di murene, che una atroce leggenda tramanda, ma senza alcun fondamento storico o documentato, venissero nutrite con i corpi degli schiavi da eliminare.

Della villa oggi sono a noi rimasti dei rocchi delle colonne (i fusti cilindrici che compongono la colonna) nel locale che, da questo ritrovamento, è denominato Sala delle Colonne (tra l’altro, adibita a refettorio dai monaci, che sull’isolotto, durante il Medio Evo, costruirono uno dei conventi), nonché i resti di un ninfeo, cioè una sala che affacciava sul giardino.

Al Borgo, creato alla fine del 1800, è possibile accedervi attraverso un  piccolo ponte di terrapieno a cui è collegato alla terraferma;  oggi è un piccolo porto turistico dove è possibile attraccare motoscafi, yacht, barche a vela, barche da diporto e, la piccola borgata, diventa molto chic con i pochi club nautici e con  i pochi locali tradizionali ed alla moda, soprattutto ristoranti; vi sono soltanto sei palazzi a due piani ed una piazzetta al centro. Pur essendo una zona molto piccola, con tanto caos e con tanta gente che vuole arrivarci con l’auto e parcheggiarla proprio davanti al locale in cui intende fermarsi, il “Borgo Marinari”, con il suo mare e la luna, è un luogo incantevole ed è una tappa, nella visita di Napoli, da non perdere.

-) -) Quasi attaccato vi è Castel dell’Ovo (Ved. notizie); proseguendo, poi, per Via Partenope, si imbocca Via Caracciolo, giungiamo presto in Piazza della Vittoria, così chiamata dai vittoriosi della “battaglia di Lepanto”, uno storico scontro navale del 1571 tra la flotta turco-musulmana degli Ottomani e quelle cristiane della “Lega Santa”, di cui faceva parte anche la flotta di Napoli. I cristiani di Napoli,  vincitori della battaglia, affermarono che il buon esito della loro vittoria fu per intercessione della Madonna; quindi, nel 1628, fu eretta una chiesa  che venne consacrata a  Santa Maria della Vittoria.

Nelle prossimità del mare, nel 1914, è stata collocata la colonna di marmo cipollino (un tipo di marmo a fondo bianco-verdastro, con venature ondulate di colore verde) ritrovata nei pressi del Duomo in ricordo di tutti i caduti del mare).

Dalla destra di Piazza Vittoria, giungiamo, in pochi minuti, in Piazza dei Martiri,del 1600, dedicata a tutti i napoletani che hanno combattuto e sono caduti per la Libertà.

Nella piazza sorge la “Colonna dei Martiri”, opera dell’architetto milanese Errico Alvino, (una colonna già esisteva, nel periodo borbonico, quando la piazza era chiamata “Piazza della Pace”). Ai piedi della colonna vi sono “Quattro leoni”, che simboleggiano i martiri napoletani:  il leone che sta morendo rappresenta i caduti della “Repubblica Partenopea” (1799); quello trafitto dalla spada rappresenta i caduti dei “moti carbonari” (1820) ; gli altri due, con atteggiamento feroce, raffigurano rispettivamente i caduti “liberali e garibaldini” .

Da questa Piazza percorriamo la vicina Via Santa Caterina per giungere in Via Chiaia (e non la Riviera di Chiaia), dove, nel largo all’incrocio tra queste due strade e Via Filangieri, troviamo il “Palazzo Cellammare o Cellamare” , dei primi anni del 1500 (Ved. notizie).

Qualche passo indietro per tornare in Piazza dei Martiri ed imboccare Via Calabritto, dove, al nr. civico 20, si trova il Palazzo Calabritto, fatto costruire, nel 1720, da Vincenzo Tuttavilla (una derivazione in dialetto napoletano del nome francese Estouteville), duca di Calabritto (AV), venuto  a Napoli al seguito della Corte Aragonese.

Dopo aver destinato una parte della proprietà acquistata per la costruzione dell’attuale via pubblica (Via Calabritto) e dopo aver dato inizio ai lavori del palazzo, il re Carlo III di Borbone, ingelosito dalla grandiosità e magnificenza che stava sorgendo, volle acquistare il Palazzo, ma non pensò minimamente a completarlo, dimostrando apertamente la sua stravagante capricciosità.

Nel 1754, Francesco Tuttavilla, il  figlio di Vincenzo, riuscì a riavere l’immobile restituendo alla famiglia reale la stessa somma che era stata pagata per il precedente acquisto;  il prosieguo dei lavori di costruzione fu affidato all’ingegnere Luigi Vanvitelli . In questo Palazzo vi dimorarono anche alcuni personaggi illustri, come Gioacchino Murat, marito di Carolina Bonaparte, sorella di Napoleone.

Ancora oggi il Palazzo, in ottimo stato di manutenzione, è di proprietà degli eredi della famiglia Tuttavilla, duchi Calabritto.

-) -) Ci spostiamo ora in direzione della Riviera Chiaia lungo la quale si apre l’ingresso della cinquecentesca Villa Pignatelli, con il Museo del principe Diego Aragona Pignatelli Cortes ed il Museo delle Carrozze (Ved. notizie) .

Da Villa Pignatelli, è vicinissima la distanza per una rapida visita alla Chiesa di Santa Teresa a Chiaia in Via Vittoria Colonna: a piedi – si gira a sinistra della’uscita della Villa, giungere in Via Giovanni Bausan, percorrerla tutta fino all’incrocio con Via Colonna -; in macchina – si prosegue per la Riviera di Chiaia – al trezo incrocio si gira a destra per Via Campiglione, ancora a destra per Via Giuseppe Martucci, incrocio con Piazza Amedeo, a destra Via Vittoria Colonna.

La Chiesa fu fondata intorno al 1620; fu poi ricostruita con fondi donati generosamente dai cittadini e soprattutto dalla nobildonna Isabella Mastrogiudice tra il 1650 ed il 1662; per la progettazione fu conferito incarico all’architetto Cosimo Fanzago. Subì gravi danni dal terremoto del 1688.

Si ritorna, quindi, sulla Riviera di Chiaia, percorrerla fino all’incrocio con Via Arco Mirelli girando a sinistra fino alla Rotonda di Piazza della Repubblica (con il monumento dedicato  alle quattro giornate di Napoli) e, tenendo sempre la sinistra, si raggiunge Via Francesco Caracciolo, l’incantevole lungomare di Napoli, noto in Italia, in Europa e nel mondo.

Il lungomare costeggia la “Villa Comunale” (Ved. notizie) .

Proseguendo su Via Caracciolo, arriviamo all’insenatura di Mergellina, dove, nella Via omonima, troviamo la chiesa di Santa Maria del Parto (Ved. notizie).

Da qui, bisogna spostarsi alla fine di Via Caracciolo su Via di Posillipo, per giungere al Largo Sermoneta, dove si trova la monumentale “Fontana del Sebeto”, un’opera di  Cosimo Fanzago, voluta, nel 1635, dal vicerè spagnolo Emanuele Zunnica y Fonseca conte di Monterey . La base in piperno supporta la parte superiore composta da tre vasche in marmo, due laterali, più piccole, ed  una centrale, più grande, su cui vi sono due mostri marini dalle cui bocche esce l’acqua che viene raccolta nella vasca centrale e che, a sua volta, la riversa in quelle piccole laterali; ha due tritoni laterali, metà uomini e metà pesci, ed un unico arco a tutto sesto, sotto il quale è sdraiato un vecchio con una lunga barba bianca, che simboleggia il fiume Sebeto, che scorreva nella città di Napoli, ma da secoli scomparso. Completa questo monumento una lapide, sulla sua sommità, con volute ed i tre stemmi: quello del re di Spagna, del Viceré e della città di Napoli.

Proseguiamo ancora su Via Posillipo per una visita al celebre e suggestivo Palazzo Donn’Anna (Ved. notizie), che si trova sull’omonima Piazza; più avanti, in un piccolo parco, troviamo “l’Ara votiva dedicata ai caduti per la patria” o “Mausoleo di Posillipo” o “Mausoleo Schilizzi”, del 1883, in onore del suo committente Matteo Schilizzi, un banchiere ebreo di Livorno trasferitosi a Napoli; la progettazione è dell’architetto Alfonso Guerra.

Oggi il mausoleo ospita monumenti e tombe dei caduti della prima e seconda guerra mondiale e delle quattro giornate di Napoli.

-) Più avanti incontriamo la Chiesa di Santa Maria di Bellavista, una piccola chiesa, in stile barocco, edificata nel 1860 per volere della nobile famiglia Capece Minutolo; continuando a scendere per Via Posillipo, superata Piazza Salvatore Di Giacomo, a sinistra per Via Ferdinando Russo arriviamo fino a “Capo Posillipo”, di sicuro la collina più incantevole e panoramica di tutta Napoli, dove incontriamo la Rosebery o Villa Maria Pia (Ved. notizie) e la Villa Volpicelli¸ chiamata, quest’ultima, anche “Fortino” o “Torretta”, per la caratteristica Torre monumentale che caratterizza la sua struttura. E’ la villa in cui, dal 1996, vengono girate le scene di “Palazzo Palladini” della “Soap Opera” della Rai TRE  “Un Posto al Sole”.

Percorso interamente Via Posillipo, giungiamo al “quadrivio del capo”, alla cui sinistra incrociamo Via Marechiaro per raggiungere l’omonimo centro abitato, sulla cui sommità sono visibili i ruderi del “Tempio della Fortuna”, del I o II secolo d.C., che si trova sulla discesa del piccolo ponticello, servitù di passaggio del vicino ristorante, a pochissima distanza dell’ancor più famosa “fenestrella ‘e Marechiaro” ; una parte del muro di recinzione ed locale del tempio sono una pertinenza del ristorante, e, quindi, tra un piatto di spaghetti a vongole ed una frittura di pesce, è possibile allietare la vista non solo per il panorama, ma anche per quel pezzo di archeologia opportunamente salvaguardato.

Noleggiando una barca o facendosi trasportare, si può fare una visita lampo al Palazzo o casa degli Spiriti, raggiungibile soltanto via mare e così chiamata per il suo aspetto lugubre; in realtà è un piccolo complesso archeologico del Parco sommerso di Gaiola, un’area marina protetta, una villa, risalente al I secolo a.C., in cui soggiornavano molto volentieri gli imperatori  romana per la sua ottima posizione sul mare, a poca distanza dalla restante parte di Nea – Polis, dal Vesuvio e dall’isola di Capri. Fu Adriano l’ultimo degli imperatori romani a soggiornarvi.

Sempre in barca, non dispiace effettuare una visita anche alle belle grotte marine.

Ritornati su terra ferma, proseguiamo per la Villa Imperiale di Pausilypon, del I secolo a.C., ai cui resti del Teatro, dell’Odeion e di alcune sale si accede attraverso la Grotta di Seiano, una galleria lunga poco più di 700 metri, forata dai romani.

Si passa, quindi, al Parco di Posillipo, che si trova sulla “rupe di Coroglio”, con un belvedere dallo scenario incomparabile e da cui sono ben visibili i Golfi di Napoli e quello di Pozzuoli, nonché la vicina “isola di Nisida”, che si trova oltre la grotta di Seiano. ora collegata alla terra ferma da un ponte appositamente costruito.

Continuando il nostro percorso su Via Coroglio, al nr. civico 104,  troviamo “la città della scienza”, che ospita il Museo della scienza in vari padiglioni, distribuiti su 12.000 metri quadrati.

Dalla città della scienza percorrendo interamente Via Coroglio, arriviamo nella Piazza di Bagnoli, a sinistra della quale imbocchiamo Via Nuova Bagnoli, Via Diocleziano ed arrivare a Piazzale Tecchio, proseguendo diritto raggiungiamo lo Stadio San Paolo e, poco prima dal lato opposto oppure svoltando a sinistra di Piazzale Tecchio, su Viale Kennedy, al nr. civico 54, troviamo l’ingresso  per la “Mostra d’oltremare” gli spazi del “quartiere fieristico di Napoli”.

 

Al suo interno ammiriamo la bellissima “Fontana dell’Esedra” costruita sin dal 1938 su progettazione dell’architetto napoletano Cocchia e del veronese Piccinato; si avvicina alla fontana della Reggia di Caserta del 1700. I suoi getti d’acqua raggiungono un’altezza di 40 metri; è attorniata da circa un migliaio di alti alberi, come pini e lecci; ha 76 vasche ad esedra con 1300 getti d’acqua che fuoriescono da  ugelli di ottone e di bronzo, 12 fontane a cascata e decorazioni in ceramica.

Attaccata alla “Mostra d’oltremare” si trova “l’Edenlandia” il grande parco dell’allegria e del divertimento, il più grande del Centro-Sud, nonché, a pochissima distanza, quel che resta del più bello e grande giardino zoologico, in completo stato di abbandono.

Lasciatoci alle spalle la zona della Mostra, percorriamo interamente Viale Kennedy, continuiamo, spostandoci sulla sinistra, su Viale Augusto, su Via Caio Duilio, oltrepassiamo la galleria delle quattro giornate e, giunti in Piazza Piedigrotta, nr. civico 27, sul lato destro, troviamo la Chiesa di Santa Maria di Piedigrotta,  dedicata alla Natività della Vergine Maria, festeggiata l’8 settembre. La chiesa fu costruita nel 1352, su una precedente ed antica Cappella, dedicata all’Annunciazione a Maria, in cui era già venerata  la statua lignea della Vergine Maria, posta ora sull’altare maggiore.

Alla fine di questo itinerario, non bisogna farsi mancare una visita al Parco Vergiliano di Piedigrotta, poco distante dalla chiesa (da non confondere con il Parco Virgiliano di Posillipo).

Il parco è anche conosciuto come Parco della tomba di Virgilio, perché si vuole che qui fosse stato sepolto il poeta Virgilio, ma non vi è alcun fondamento storico, tranne che una piccola celletta sepolcrale di epoca romana, ora vuota, presso l’ingresso della Crypta Neapolitana, la famosa galleria di Posillipo, quasi in parallelo all’altra.

Si trova, dal 1939, anche la tomba, vuota, del grande poeta Giacomo Leopardi, morto a Napoli il 14 giugno 1837, spostata dalla chiesa di San Vitale a Fuorigrotta.

Le più fantasiose ipotesi sono state attribuite alla morte del poeta: secondo minuziosi analisi condotte dal professore Gennaro Cesaro, Leopardi non è morto di colera, che imperversava a Napoli in quel tempo, ma con la sua cagionevole salute, la morte lo raggiunse in seguito ad un’abbuffata di un chilo di confetti di Sulmona, che ebbe in regalo dalla sorella del suo amico napoletano Antonio Ranieri. Nel tentativo di disintossicarlo, gli diedero da bere del brodo caldo di pollo e poi una limonata fresca, ma, purtroppo, all’indigestione si aggiunse anche un’inevitabile congestione intestinale, che aggravarono di molto  il suo già precario stato di salute fino a condurlo alla morte.

Di lato alla stazione ferroviaria di Mergellina, si trova anche il Museo, il cui ingresso è gratuito, e l’ostello della gioventù.