Napoli il Vesuvio
Il Vesuvio è il vulcano più famoso al mondo, con una storia millenaria, decantata anche in opere letterarie sia dai greci che dai latini.
Il nome Vesuvio deriva, forse, dalla parola “aves” che significa “risplendere” oppure “eus” che significa “bruciare” o ancora lo si fa derivare dall’unione dei nomi greci di “Ercole” – a lui dedicata poi la città di Ercolano - e del padre Zeus (Giove); ma anche sul Vesuvio non manca la tradizione popolare, che rende veritiera la cosa più degli atti storici.
Infatti, il nome Vesuvio si vuole che derivi dalla traduzione – dal latino in napoletano – della parola “Vae Suis” (guai ai suoi – ai napoletani), dal momento che le eruzioni che si ricordavano fino ad allora, erano avvenute prima o dopo eventi importanti, tutti portatori di disgrazie e sventure per Napoli e zone limitrofe.
E’ alto circa 1281 metri ed il cratere ha un diametro di circa 500 metri ed una profondità di oltre 230; l’eruzione dell’aprile del 1906 provocò l’abbassamento della cima del Vesuvio, portandola dai 1335 metri a circa 1100 metri.
Sulla parte inferiore, a poca distanza dal percorso che effettuano i turisti, si sono formate alcune fumarole, i cui gas hanno una temperatura che oscilla dagli 80° ai 500° .
Notizie di Eruzioni prima di quella famosa del 79 d.C., che distrusse Ercolano, Stabia e Pompei, non se ne hanno, se non di forti scosse telluriche avvertite nell’anno 62 d.C., che, qualche studioso vulcanologo, ritiene connesse all’attività del Vesuvio, concretizzatasi poi con la catastrofica eruzione del 24 agosto del 79.
Fatto è che il vulcano napoletano, nel corso dei secoli, è stato quasi sempre attivo, nonostante lunghi o brevi periodi di inattività; eruzioni millenarie hanno provocato danni, morti e distruzioni, di cui l’ultima, cominciata il 18 marzo 1944 e finita il 7 aprile dello stesso anno.
Nonostante tutto ciò, si è costruito abusivamente ed a dismisura fino a quota 700 metri; nella malaugurata ipotesi di un risveglio del Vesuvio case, alberghi, ristoranti, aziende, uffici e negozi sono sottoposti a gran rischio, con i loro circa 600.000 abitanti dei 18 paesi – i cosiddetti Comuni Vesuviani – che vivono alle sue falde.
In compenso, però, c’è una grande attività agricola con una gran varietà di coltivazione di orto-frutta, grazie soprattutto al ricco e fertile terreno; anche i vigneti danno la loro gran soddisfazione, le cui uve fanno primeggiare il bianco vino “Coda di Volpe” per il suo caratteristico grappolo simile alla forma della coda della volpe, già coltivato ai tempi dei Romani; è meglio conosciuto come il “Caprettone” – dal soprannome del suo originario vignaiolo – ovvero come “Fuocomorto” – riferito al fuoco della lava che, fortunatamente, è spenta; la “Falanghina”, anche se originaria delle zone del beneventano, ed il “Lacryma Cristi”, che deriva dalle uve del “Piedirosso del Vesuvio” – il nome deriva dal colore rosso che vive il tralcio prima della potatura, rosso come il piede del colombo, per questo in dialetto napoletano è soprannominato anche “Per ‘‘e palummo”.
Nel 1841, il re Ferdinando II di Borbone fece installare “L’Osservatorio Vesuviano”, su progettazione dell’architetto, nonché matematico e fisico, Gaetano Emanuele Fazzini, originario di Vieste (FG), che completò i lavori nel 1845. Il più antico osservatorio vulcanologico del mondo è situato sul Colle del Salvatore, a circa 610 m.s.l., ad oltre due chilometri dal cratere tra Torre del Greco ed Ercolano. Lo scopo era quello di monitorare i fenomeni del vulcano, il bradisismo ed i rischi del sisma, grazie a questa sua attività, nel 1863, fu installato il primo sismografo elettromagnetico del mondo, ideato e realizzato dall’allora direttore dell’osservatorio, il fisico Luigi Palmieri, nativo di Faicchio (BN).
Un suo successore, il più noto Giuseppe Mercalli, nel 1911, intensificò gli studi sui terremoti e sull’attività del Vesuvio; ideò e creò la scala di misurazione dell’intensità delle scosse sismiche, utilizzata ancora attualmente.
Negli anni dal 1980 in poi, la sua funzione risultò vitale per il monitoraggio della zona flegrea, in particolar modo del “bradisismo di Pozzuoli” , grazie al quale fu possibile evacuare e mettere in sicurezza circa 30.000 persone per l’innalzamento del suolo di circa 2 metri.
Per la salvaguardia dell’ambiente, delle tante specie di animali e vegetali, dei reperti storici ed archeologici e dell’intera bellezza del Vesuvio, è sorto, nel 1995, il “Parco Nazionale del Vesuvio”.
L’ala storica dell’edificio dell’Osservatorio è oggi diventata “Museo di vulcanologia”, in cui sono stati raccolti ed esposti tutti gli strumenti scientifici utilizzati dai fisici e ricercatori dalla sua istituzione ad oggi, collezioni di minerali e rocce, una collezione di libri di vulcanologia, sismologia e meteorologia, volumi del 1500 e del 1600, nonché sculture e dipinti del 1800.