Napoli Il complesso monastico di San Gregorio Armeno
Il complesso, che si trova nell’omonima strada, nr. civico 1, è un vero e proprio capolavoro artistico, uno dei più straordinari esempi dell’architettura barocca a Napoli. Fu edificato, nell’VIII secolo, sui resti di un antico tempio dedicato a Demetra (in greco significa madre terra) o Cerere (in latino significa della fertilità), per espressa volontà delle suore basiliane (seguace di San Basilio), sfuggite alle persecuzioni dei cristiani in Oriente da parte dei musulmani e rifugiatesi a Napoli portando con loro le reliquie di San Gregorio.
Il monastero di San Gregorio Armeno era collegato a quello di San Pantaleone per il tramite di un cavalcavia; la chiesa si presenta ad una sola navata con cappelle laterali e l’abside ha una forma rettangolare; tutte le pareti interne, tranne quelle delle cappelle, sono state affrescate da Luca Giordano, nel 1679, in occasione del primo centenario della sua costruzione. Pure dell’artista sono gli affreschi realizzati tra i finestroni, che riportano scene della vita di San Gregorio.
Dal vestibolo si accede al magnifico chiostro, ricostruito, tra il 1572 al 1577, su progetto dall’architetto-ingegnere Giovanni Vincenzo Della Monica, nativo di Cava de’ Tirreni (Sa); la chiesa, invece, fu ristrutturata ed ampliata, nel 1574, per volontà della badessa Donna Giulia Caracciolo, su progetto dell’architetto romano Giovanni Battista Cavagna o Cavagni, consacrata poi nel 1580. Al centro del chiostro, fra i tanti alberi da frutta ed agrumi, sono state collocate una fontana di marmo e le statue di Cristo e della Samaritana, opere dello scultore salernitano Matteo Bottigliero.
Dal chiostro si ha l’accesso a due cappelle, in una delle quali si conserva una bella tela raffigurante “L’Adorazione della Vergine” il cui autore resta tuttora ignoto; nell’altra, detta Cappella dell’Idria, per l’unico reperto rimasto del convento medievale (sebbene sia stato decorato di nuovo secondo i gusti in voga del XVIII secolo), sono custoditi diciotto dipinti di Paolo De Matteis , nativo di Piano Vetrale (Sa) raffiguranti episodi della “Vita di Maria”.
Inoltre, l’immagine orientale di Maria, detta della “Madonna dell’Idria”, risalta in tutto il suo splendore sull’altare maggiore; sul lato sinistro dell’ingresso si trova l’accesso al Coro delle monache e da qui si passa al cosiddetto Corridoio delle monache, il percorso obbligato per le fanciulle novizie destinate a prendere i voti di castità e che, com’era d’uso e costume, dovevano portare in dote opere d’arte in segno di vera devozione.
Ammirabile e meravigliosa è anche la sacrestia, la cui volta è stata affrescata da De Matteis, definita la “stanza di paradiso in terra”, per lo splendore dei suoi arredi e degli oggetti d’argento.
Via San Gregorio Armeno, si trova nel centro storico di Napoli, nei pressi di Spaccanapoli, un’arteria viaria del cuore di Napoli che taglia in due buona parte della città, da cui il nome.
La strada è chiamata anche platea nostriana in onore di San Nostriano vescovo di Napoli; il vescovo Agnello vi fece costruire la prima basilica dedicata a San Gennaro: San Gennaro o San Gennariello all’Olmo. Questa chiesa è ancora oggi visitabile.
Via San Gregorio è molto nota per essere la caratteristica strada dell’artigianato del presepio; è in questa strada e nei vicoli che si snodano e circondano l’omonima Chiesa che si tiene annualmente dagli inizi di novembre un frenetico e caratteristico mercato dei pastori (le statuine) del presepe costruito con ogni sorta di materiale – terracotta – cartapesta – plastica – plastilina – gres porcellanato – etc., così come varie sono anche le dimensioni ed i soggetti.
La tradizione vuole che questa forma di artigianato fosse in uso sin dai tempi dei greci e romani; infatti, che il Complesso di San Gregorio Armeno fu realizzato sulle rovine di un tempio dedicato a Demetra o Cerere: a questa dea veniva offerta una statuina di terracotta all’atto in cui veniva chiesto un beneficio. Queste statuine erano impastate con l’argilla ed erano realizzati nel groviglio dei vicoli intorno alla zona che oggi porta alla celebre strada di San Gregorio.
Dunque, queste statuine, dette stipi votive, offerte ad una dea pagana, possono essere considerate le antenate dei pastori del presepio proprio per il fatto che ancora oggi, proprio qui, si continua questa tradizione artigianale, perfezionatasi nel tempo e soprattutto nel settecento, quando si diffuse l’arte della ceramica e vennero introdotti nella lavorazione nuovi e pregiati materiali, grazie anche a Carlo III di Borbone che divenne il mecenate di questa arte napoletana e della tradizione del presepio.
Si narra, infatti, che parte da Re Ferdinando la tradizione di onorare i presepi più belli della città, a cominciar dal presepe allestito dal Principe di Ischitella nel Natale del 1778;
Il presepe nasce, dunque, dalla fantasia del popolo per rendere liete le festività natalizie della corte reale, dei nobili, dei benestanti, e, alla fine, anche della gente popolana, creando statuine raffiguranti i personaggi che partecipano alle scene della Natività da adattare a qualsiasi tipo di presepe, fino ad arrivare ai giorni nostri a creare personaggi moderni dell’attualità e della politica.
L’arte della creazione dei pastori del presepe viene tramandata da famose famiglie di artigiani, affiancate anche da abili restauratori di bambole antichissime e di statue sacre.