Napoli Duomo la Cappella del Tesoro di San Gennaro

-) La Cappella del Tesoro di San Gennaro è il luogo in cui avviene il miracolo della liquefazione del sangue del Patrono tre volte l’anno: nel primo sabato del mese di maggio – giorno della sua prima traslazione –  il 19 settembre – giorno della sua morte e festeggiamento del suo nome –  e 16 dicembre – data in cui i napoletani chiesero al santo il miracolo per fermare la devastante eruzione del Vesuvio nel 1631. Nella stessa  sono custodite le ampolle che contengono il sangue coagulato del Santo ed il suo busto nel cui capo è stato racchiuso il vero cranio del Martire. Questo busto è una straordinaria e meravigliosa creazione del 1304/1306 uscita dalle mani di artisti orafi voluti dalla Corte francese Angioina.
I lavori della cappella ebbero inizio nel 1608; essa venne edificata come voto fatto dalla popolazione napoletana per averla liberata dalla peste del 1526/1528; il progetto è  di padre Francesco Grimaldi, dell’Ordine dei Chierici Regolari, nonché architetto lucano, che ha fatto nascere a Napoli uno dei più grandi edifici religiosi di stile  barocco. La morte lo colse nel 1613 durante il corso dei lavori, che furono portati a termine da Giovanni Cola di Franco, architetto napoletano e collaboratore del Grimaldi.

-) Il pavimento è stato realizzato su disegno di Cosimo Fanzago; le pareti sono rivestite di marmo pregiato misto; vi sono 42 colonne di broccatello (cioè, danno l’effetto del disegno a rilievo su un fondo liscio), sette altari, 19 nicchie in cui sono state collocate statue in bronzo.

Gli affreschi, che raffigurano alcuni episodi della vita e dei miracoli di San Gennaro, vengono effettuati tra il 1630 ed il 1941 dalla mano di Domenico Zampieri, soprannominato il Domenichino, pittore  bolognese; suoi sono anche  i quadri, lavorati su rame, posti sugli altari, eccezion fatta per il quadro di destra, che raffigura “San Gennaro che esce illeso dalla fornace” (e le lingue di fuoco, per punizione di Dio, ricadono addosso ai soldati suoi torturatori), è uno dei capolavori del 1646 del Giuseppe Ribera soprannominato lo Spagnoletto, pittore originario della Spagna e stabilitosi a Napoli nei primi anni del 1600.  Il pittore di parmense, Giovanni Gaspare Lanfranco, è, invece, l’autore de “Il Paradiso” affrescato nella cupola nel 1643. Sull’altare, opera  dell’architetto e pittore avellinese Francesco Solimena, è posta una croce ricca di lapislazzuli, con accanto due puttini d’argento.

-) La porta con il magnifico cancello figurato, posto all’ingresso, è stato costruito su disegni del Cavaliere bergamasco Cosimo Orazio dei Fanzago, le cui sbarre a forma di “balaustra“, percosse in modo ritmico, emettono un suono, in toni diversi, che, con tanta buona fantasia, possiamo dire che è proprio una musica soave e armoniosa.

Le statue di San Pietro e di San Paolo, poste ai lati dell’ingresso, sono di Giuliano Finelli di Carrara; Il paliotto d’argento, datato1692/1695, posto sotto l’altare maggiore, che riproduce “il trasporto delle sante reliquie di San Gennaro da Montevergine a Napoli”, voluto dal Cardinale Oliviero Carafa, è opera di Gian Domenico Vinaccia, architetto- ingegnere -scultore ed orafo di Massa Lubrense (NA),  autore anche di altre statue presenti all’interno della cappella.

-) Destano curiosità , nella stanza della Sagrestia, due quadri che custodiscono cimeli di guerra: in realtà sono le bandiere strappate ai tedeschi da Carlo III di Borbone nel 1744 nella battaglia di Velletri e quelle tolte da Carlo VI ai Turchi nella battaglia di Belgrado nel 1717, offerte al santo per la protezione avuta in guerra.

-) Ai due lati dell’altare maggiore si trovano due grandi candelabri d’argento del 1744.

Grande interesse mostrano anche le 51 statue d’argento, rappresentanti i santi compatroni di Napoli,  tra cui la più antica sembra essere quella di San Tommaso d’Aquino (1605 ?), ma, di certo, la più recente è quella di Santa Rita da Cascia (1928). Da tempo immemorabile, queste statue  escono in processione per le strade della città, nel primo sabato del mese di maggio;  così come si dice a Napoli, sono la “sacra scorta” di San Gennaro.

-) Il Tesoro di San Gennaro, considerato come una grande testimonianza di devozione storica e conservato nella cappella, oltre alle ampolle con il sangue coagulato ed il suo cranio, consiste in preziosissimi doni fatti al Santo da molti re e sovrani di tutta l’Europa … se fossero arrivati ai Napoletani le vesti che indossava San Gennaro al momento della sua decapitazione, sarebbero state profondamente venerate; in mancanza, sono state sostituite con una pregiata mitra d’argento (il copricapo episcopale) del 1713, tempestata da 3700 pietre preziose tra diamanti, smeraldi e rubini, opera dell’orafo Matteo Treglia. Il Tesoro è stato arricchito, di volta in volta da doni molto preziosi.  Basti ricordare che:

  • Re Carlo II ha donato, nel 1305, un piccolo trono di oro e d’argento, un autentica opera d’arte gotica, sul quale da oltre settecento anni viene utilizzato per la processione di  San Gennaro nelle vie di Napoli;
  • Il re Carlo III di Borbone, il 10 maggio 1731, ha donato una croce di rubini e brillanti;
  • La regina Maria Amalia di Sassonia, moglie di Carlo III, il 3 luglio 1738, ha donato un’altra croce in oro con 63 diamanti;
  • Ferdinando IV di Borbone, re di Napoli a soli 10 anni, ha donato, nel 1761, un calice d’oro in cui sono incastonate 586 pietre preziose tra rubini, smeraldi e brillanti; l’opera è dell’orafo Michele Lofrano di Torre del Greco (NA);
  • Maria Carolina d’Austria, figlia di Francesco I° – moglie di Ferdinando IV e regina di Napoli a soli 16 anni, il 17 febbraio 1775, ha donato una Croce Vescovile con 106 brillanti e 6 zaffiri;
  • Francesco I, re delle due Sicilie, uno dei 18 figli di Ferdinando IV e di Maria Carolina,  ha donato un fermaglio di brillanti e smeraldi;
    • La Duchessa di Casacalenda ha donato, nel 1799, una spina a forma di mezza luna.
    • Giuseppe Napoleone, fratello di Bonaparte, principe di Francia e re di Napoli, nel 1808, ha donato una bellissima croce di oro, tempestata di diamanti e smeraldi, mentre Gioacchino Murat ha donato un ostensorio d’argento dorato;
    • Il re Ferdinando II, figlio di Francesco I, quando è asceso al trono di Napoli nel 1831, ha donato un bella pisside  (un calice con coperchio per la custodia delle ostie) di argento dorato, un’opera d’arte dell’allora celebre Domenico Ascione, orafo di Torre del Greco; è uno dei pezzi più pregiati del Tesoro, perché – si dice – che il re abbia inviato ben 50 orafi in giro per l’Europa alla ricerca dei migliori brillanti, zaffiri, smeraldi e pietre preziose (ben oltre 900), corallo e malachite per la sua decorazione. Ha donato anche un bel baldacchino di argento, in occasione della nascita del figlio Francesco II, per l’esposizione del Santissimo Sacramento.
    • Maria Teresa d’Austria, nel 1837, ha donato un ostensorio di argento abbellito da pietre preziose;
    • Papa Pio IX, nel 1849, ha donato  un calice d’oro zecchino massiccio, per ringraziare il re Ferdinando II ed i Napoletani per averlo ospitato nella città partenopea, costretto a fuggire da Roma nel periodo dei moti mazziniani;
    • Margherita ed Umberto I di Savoia, re e regina d’Italia, nel 1878, hanno donato una favolosa croce episcopale d’oro con smeraldi e diamanti, per ringraziare il santo protettore di Napoli ed i Napoletani per lo scampato attentato subito, nel novembre dello stesso anno, per mano di un giovane cuoco originario di Salvia (PT) – ad essere ferito ad una gamba fu l’allora Presidente del Consiglio Benedetto Cairoli, che protesse i sovrani con il suo corpo. Il ritorno della regina a Napoli, in occasione della consegna del dono al Santo, fu festeggiato con un’altra curiosa particolarità: un pizzaiolo dedicò alla regina una pizza di sua creazione valorizzando il tricolore della bandiera italiana con il rosso del pomodoro, il bianco della mozzarella ed  il verde del basilico – era nata la Pizza Margherita.

-) -) -) La collana posta al collo di San Gennaro, opera dell’orafo Michele Dato, è quasi certo che è il pezzo più pregiato e singolare che esista al mondo; fu voluta sin dal 1679 per ringraziare il patrono per lo scampato pericolo dall’eruzione del Vesuvio. E’ formata da ben tredici grosse maglie, tutte in oro massiccio, contornate da 904 diamanti, da uno zaffiro bianco di elevata grandezza, da 490 rubini e 140 smeraldi; è andata sempre più ad arricchirsi per doni effettuati successivamente. Infatti dalla collana pendono croci tempestate di zaffiri e smeraldi, alcune anche sopra descritte, diventando, così, un grande assemblaggio di diversi gioielli di diversa lavorazione e donate al Santo in date diverse;  pesa oltre dodici chili.

  • Anche il manto è una stupenda opera d’arte, congiunta, orafa e tessile; è totalmente ricoperto da pietre preziose e da splendidi medaglioni smaltati con le insegne araldiche e le armi del casato degli Angioini.
  • Le spalliere di argento dorato, con rubini, smeraldi, brillanti, pietre preziose e smalti.

-) -) -) Nella cappella, dietro all’altare maggiore, si trovano due nicchie, foderate da lamine d’argento, come pure le due porte che le richiudono, sulle quali si legge il nome di Carlo II re di Spagna e l’anno 1667. In una delle due è custodito Il busto di San Gennaro, nell’altra sono custodite le due ampolle d’oro, con vetri chiusi ermeticamente, in cui è raccolto il sangue di San Gennaro. Per ogni nicchia esistono due chiavi, conservate le une dall’Arcivescovo p.t. e le altre da un deputato, che, per tradizione, assume le veci del re.

1) Il busto è d’argento fuso nell’oro, sbalzato e cesellato; sono state incastonate pietre preziose e stupendi medaglioni smaltati sul mantello; ben visibili sono le armi angioine. E’ un dono del re Carlo II d’Angiò, detto lo zoppo, fatto al popolo napoletano ed alla loro venerazione verso San Gennaro, nel 1305, periodo in cui ricorreva il millenario della morte, per decapitazione, del Martire. Nel capo del busto sono state conservate, in un incavo appositamente creato, le vere ossa del cranio del Santo; la realizzazione di questa grandiosa opera è attribuita ad un equipe di tre maestri orafi al servizio presso la corte d’oltralpi (della Provenza) :  Etienne Godefroy (Stefano Gottofredo), Guillame de Verdelay (Guglielmo di Verdelai) e Milet d’Auxerre (Miletta degli Aufuri).

Il primo restauro fu effettuato, nel 1609, al piedistallo d’argento che sostiene il busto; è stato effettuato un altro pregevole lavoro: è raffigurato San Gennaro con gli abiti da pontefice, con gli occhi bendati, con a lato il suo aguzzino, pronto a decapitarlo, e di fronte il tiranno pagano Timoteo, un generale ateniese, suo persecutore per volere di Diocleziano.

2) Il reliquario del sangue è anch’esso un dono, del 1305, del re Carlo II d’Angiò, che ne fece dono a Filippo V re di Spagna; la preziosa teca, invece, che custodisce le ampolle è stata fatta realizzare da suo figlio Roberto d’Angiò, detto il saggio, in un periodo del suo regno a Napoli, per cui risulta impossibile avere una data certa.

Anch’essa è di oro e di argento e sulla parte superiore è stato posto uno smeraldo, forse, uno più grandi al mondo;  la teca attuale è una trasformazione avvenuta nel XVII secolo, che custodisce, fra due vetri circolari, dalla misura di circa dodici centimetri di diametro, le due ampolline, una più grande di forma ovoidale schiacciata, piena per circa ¾ , ed un’altra più piccola cilindrica, vuota, ma con alcune macchie di colore rosso-brunastro attaccate all’interno delle pareti, perché il suo contenuto fu fatto prelevare dal re Carlo III di Borbone che lo portò con sé in Spagna; il miracolo, dunque, avviene con la liquefazione del sangue soltanto nell’ampolla più grande.

-) -) -) E’, comunque, considerato un tesoro unico al mondo, frutto di settecento anni di donazioni, il cui splendore e valore, a detta degli esperti,  supera quello dei regnanti d’Inghilterra e quello dello Zar di Russia; è una serie di collezioni d’arte che includono gioielli, statue, busti, tessuti pregiati e dipinti di grande valore, doni fatti da sovrani regnanti a Napoli o stranieri,  da pontefici e nobili, e moltissimi anche da privati cittadini.

All’esterno del Duomo, è visitabile il Museo del Tesoro di San Gennaro, che ospita numerosissime opere d’arte, gioielli, argenti donati nel corso dei secoli in segno di devozione al santo patrono.