Napoli chiesa di Santa Maria delle Anime del Purgatorio ad Arco – A chiesa d’’e Cape ’e Morte.


La chiesa di Santa Maria delle Anime del Purgatorio ad Arco o più semplicemente Purgatorio ad Arco, in stile barocco,  che si trova in Via dei Tribunali (nel cosiddetto Decumano Centrale) di fronte ai caratteristici portici del medioevo di palazzo d’Avalos.

Ha assunto questo nome perché fu edificata a ridosso di una torre del medioevo, sorretta da un grande arco di sostegno, che, in seguito, scomoda e pericolante, fu abbattuta , su disposizione del Grande Viceré Don Pedro de Toledo, lo stesso che, per le sue manie di grandezza, fece di Napoli una delle più belle e moderne città dell’Europa di quel tempo.

La sua realizzazione, datata 1616, avvenne su progettazione degli ingegneri ed architetti napoletani Giovanni Cola di Franco e di Giovanni Giacomo Di Conforto; fu commissionata da famiglie nobili napoletane, tra cui quella dei Mastrilli, di origini francesi, venuta a Napoli al seguito del re Carlo I d’Angiò, che maggiormente contribuì alla costruzione della chiesa con i suoi sostanziosi finanziamenti;  all’interno, troviamo numerosi variopinti stemmi di famiglia ed il monumento sepolcrale  di Giulio Mastrilli,  duca di Marigliano (NA), con la statua, opera dello scultore Andrea Falcone.

Lo scopo principale della costruzione della chiesa fu, per quei nobili, quello di creare un luogo di sepoltura cristiana, non molto lontano dalle salme dei propri familiari, per una maggiore e migliore efficacia nel far arrivare le loro preghiere di suffragio ai loro cari defunti, per dare, a questi ultimi, la possibilità di un rapido passaggio in paradiso, ritenendo che tutte le loro anime fosser sicuramente in attesa nel Purgatorio a far penitenza per le loro colpe.

La facciata della chiesa, davanti alla quale gli abitanti della zona, e non solo, non dimenticano mai di lasciare ogni lunedì figurine di santi, fiori freschi, lumini accesi e di dire qualche preghiere per le anime del Purgatorio o come per scongiurare un qualcosa di misterioso ed inquietante,   ha, sulle quattro colonnine in piperno e nei fregi delle sue decorazioni, teschi ed ossa di bronzo, che son diventati lisci e lucidi per le carezze fatte quotidianamente dai passanti in segno di venerazione;  troviamo ancora teschi e femori o tibie incrociati sul portale e nelle nicchie laterali, tanto che a Napoli questo tempio cristiano  è meglio conosciuto con un nome molto popolare: ‘A chiesa d’’e cape ‘e morte= “La chiesa delle teste di morte”, a testimoniare di quanto sia stato importate (e lo è ancora oggi)  il culto dei morti nella vecchia Napoli del seicento ( la presenza dei teschi fa emergere nei fedeli e nel visitatore di passaggio il ricordo delle anime).   

Ha una sola navata , il transetto molto piccolo e cappelle laterali; nelle cappelle si conservano pitture di tanti artisti del seicento molto attivi nel napoletano, tra i quali Andrea Vaccaro e Luca Giordano. Dietro l’altare  del ‘700, una tela raffigurante la “Madonna delle Anime Purganti” opera del pittore Massimo Stanzione, nativo di Orta di Atella (Ce), è racchiuso in una cornice di marmo fregiata da teschi alati.     Dalla strada, attraverso una finestra rettangolare con un’inferriata, si intravede l’ipogeo, cioè il sepolcro sotterraneo, in cui, in piccoli scaffali, tutti di forma quadrata, di legno o di vetro o in urne, i cosiddetti “Scaravattoli” (Custodie), sono state sistemate e sepolte le anime del Purgatorio, comunemente chiamate “anime pezzentelle” ;  si tratta, giustappunto, dei teschi e delle ossa di povera gente, e per lo più anonima, quivi sepolta per volontà di quelle famiglie nobili sopra accennate, che, nel 1605, diedero origine alla Congregazione delle “Anime del Purgatorio” (il papa Paolo V, con la bolla del  13 ottobre 1606,  concede la sua approvazione) con l’intento misericordioso di dare una degna ed umana sepoltura, a gente povera e senza parenti, in un luogo santo, qual’era la chiesa,  facendovi celebrare messe giornaliere, in modo che quelle povere anime (chiamate affettuosamente “Capuzzelle”) potessero facilmente e presto passare dal Purgatorio alla felicità del Paradiso – si dice che venivano celebrate fino a sessanta messe al giorno in loro suffragio.

Questo atto nobile, umano, caritatevole e generoso, meglio noto in dialetto napoletano col nome di  ‘O Refrisco ‘e ll’anime d’o priatorio” (il suffragio per le anime del Purgatorio), era ormai diventato un genere di rituale di culto, consistente in  una sorta di adozione da parte del nobile (poi radicatosi anche nel popolino) che sceglieva un teschio dal mucchio anonimo e se ne prendeva cura: la Capuzzella era quindi oggetto di venerazione e di preghiere ed offerte varie in cambio di grazie, favori e benefici – quali vincite al lotto, risoluzione benevoli di intricati problemi d’amore ed a complicati fatti di vita quotidiana – a favore del suo adottante, il quale, una volta che li aveva ottenuti, gli accendeva lumini e candele e  donava ex voto in oro, argento, cartapesta, terracotta.

In un altro ambiente, ben visibile, un teschio, coperto da un velo da sposa, posato su un cuscino bianco, rievoca il ricordo dell’anima di Lucia, morta a soli 16 anni, secondo alcuni studiosi  per un forte attacco di tisi, di cui era già sofferente, dopo un breve viaggio di nozze, secondo altri morta in naufragio travolta da un’onda con il marito marchese Giacomo Santomango, molto più anziano di lei, sposato per costrizione del padre don Domenico d’Amore, principe di Ruffano, e, per volontà dello stesso, sepolta nel cimitero della chiesa di Santa Maria delle Anime del Purgatorio ad Arco, ad essa devoto.

Era ovvio che attorno ai suoi resti mortali i napoletani creassero subito  una serie di leggende, tanto che, ancora oggi, la sua tomba è oggetto di visite da parte di un gran flusso di fedeli e devoti, presso cui depositano fotografie dei loro cari defunti, accendono ceri, depositano  fiori ed ex voto, recitando preghiere per ottenere in cambio grazie e favori, e ad implorarla sono soprattutto le zitelle che chiedono di maritarsi.

E’ in questa chiesa ed in questo cimitero che, nonostante il rituale fosse ostacolato dalle autorità ecclesiastiche perché ritenuto somigliante ad un rito pagano più che cattolico, il culto dei defunti si è ripetuto, attraverso i secoli, ininterrottamente fino al 1980, l’anno del terremoto in Campania e Calabria.  La chiesa fu chiusa perché ritenuta pericolante, ma molti devoti chiese egualmente di potervi accedere e continuare la loro opera “ ‘d‘o refrisco” , perché sostenevano che erano loro apparse in sogno le anime purganti ; ma fu rispettato il lungo periodo di chiusura della chiesa, e, di conseguenza dell’ipogeo, fino alla riapertura al culto ripreso nel 1992.