Napoli chiesa di Santa Maria del Carmine
Tutto comincia nell’anno 1217, quando alcuni monaci carmelitani, tornati a Napoli dopo una precipitosa fuga, per sfuggire alla violenza dei musulmani dal monte Karm’El – “Il Giardino di Dio” - nei pressi di Haifa “La città bella” – quello che noi conosciamo come il “Monte Carmelo in Palestina”, portarono con loro un’immagine della Madonna Bruna – Santa Maria del Monte del Carmelo. Nella piazza del Mercato ampliarono una chiesetta, con annesso un piccolo convento, esistente sin dal 114 d.C. e dedicata a San Nicola, frequentata dai pescatori locali; il quadro della Vergine Maria fu posto, in bella mostra, sull’altare della nuova chiesa, ed i frati invitavano i napoletani a pregare per una sua degna venerazione. bizantineggiante
Il 29 ottobre del 1268, in quella stessa piazza del Mercato fu decapitato il giovane Corradino di Svevia, condannato da Carlo I d’Angiò; Elisabetta di Wittelsbach di Baviera, madre di Corradino, giunse a Napoli per salvarlo con un riscatto, ma tutto fu inutile ed ottenne soltanto che il corpo di suo figlio e quello del di lui cugino Federico d’Austria, buttati in una fossa anonima fuori dalle mura cittadine, fossero sepolti nella chiesetta del Carmine.
Elisabetta donò una grossa somma di danaro ai Domenicani per messe di suffragio (messe che ancora oggi vengono celebrate annualmente) e per tenere in ordine la tomba del figlio; i frati, con quel lascito, finanziarono i lavori di ampliamento ed ammodernamento della chiesa e del convento, mentre in onore della benefattrice dedicarono una statua nel chiosco, a sua somiglianza e con una borsa in mano come a rappresentare l’oro che doveva servire per il riscatto del figlio; questa statua, agli inizi del 1800, è custodita nel museo cittadino di Napoli, priva del braccio destro.
Il corpo di Corradino (era una cassa di piombo, contenente uno scheletro di un giovane, con il cranio fra le mani ed una spada posta a lato, recante l’iscrizione “Regis Corradini Corpus”) fu rimosso nel 1670, durante lavori di manutenzione; ma lì, chiuso in quella cassa, rimase fino al 1847, data in cui fu collocata nel bellissimo monumento sepolcrale voluto dal suo parente il principe Massimiliano II di Baviera, il quale conferì incarico allo scultore danese Bertel Thorvaldsen, il cui disegno fu trasformato in una bellissima statua, raffigurante il giovane sovrano, da Piero Schoepf.
La fama di questa chiesa accrebbe ancor di più perché teatro dei famosi episodi della rivolta di Masaniello, che fu seppellito nella stessa chiesa, i cui resti, però, agli inizi del 1800, furono rimossi e dispersi per ordine di Ferdinando IV di Borbone per affermare ancor di più il potere regio, dopo aver represso sanguinosamente la rivoluzione per l’affermazione della Repubblica napoletana.
Altro ammirevole capolavoro artistico è il famoso campanile, alto 75 metri, i cui lavori iniziarono con l’architetto Giovan Giacomo di Conforto e portati a compimento dall’architetto napoletano Frate Giuseppe Nuvolo, al secolo Vincenzo de Nuvolo.
IL MIRACOLO DEL CROCIFISSO :
è avvenuto durante l’ennesima lotta, nel secolo XV, tra gli Angioini e gli Aragonesi, per la sovranità su Napoli. All’epoca regnava Renato d’Angiò, che aveva disposto le sue artiglierie sul campanile della Chiesa del Carmine, che era diventato una vera fortezza.
Alfonso V d’Aragona pose la città sotto assedio, disponendo le sue truppe nei pressi dell’attuale Borgo Loreto.
Il 17 ottobre 1439, Pietro di Castiglia, fratello del re detto l’Infante, diede l’ordine di dar fuoco a una grossa bombarda, detta la Messinese, la cui enorme palla, che ancora ben si conserva nella cripta della chiesa, fracassò l’abside e continuò la sua traiettoria in direzione del crocifisso che, per evitare il colpo, abbassò la testa chinandola sulla spalla destra, evitando così la sua distruzione. Il giorno successivo, mentre Pietro di Castiglia si preparava ad un nuovo bombardamento, fu anticipato da un colpo partito dal campanile, sparato dalla bombarda soprannominata la Pazza, che gli tranciò di netto la testa.
Tanto bastò al Re Alfonso per togliere l’assedio, e quando, il 2 giugno 1442, dopo vari nuovi assalti, trionfò nella città di Napoli, si recò alla Chiesa del Carmine per venerare il crocifisso, in segno di riparazione dell’atto sconsiderato del fratello Pietro, diede ordine di erigere un magnifico tabernacolo, che fu completato dopo la sua morte, accogliendo la miracolosa immagine il 26 dicembre del 1459, che da allora viene esposta ai fedeli per otto giorni, fino al 2 gennaio.