Napoli chiesa di San Gennaro o San Gennariello all’Olmo
La chiesa si trova in via San Gregorio Armeno; è chiamata all’Olmo perché una volta un tale albero le era piantato davanti. Originariamente era dedicata a “San Gennaro ad diaconiam”, perché un diacono, assegnava dal vescovo, era incaricato per la distribuzione delle elemosine a favore dei poveri, delle vedove e degli orfani.
Non si ha memoria storica per individuare la data della sua costruzione: la tradizione vuole che, a farla edificare nel IV secolo, sia stato Costantino I e che sia una delle sei chiese greche da lui volute, atteso che, fino al XV secolo, i riti sono stati celebrati in lingua latina e greca; ma altre leggende vogliono che a costruirla sia stato il vescovo Agnello, tra il 672 ed il 694, come luogo di venerazione liturgica in onore di San Gennaro, che, invocato dal popolo, aveva miracolosamente spento un vasto incendio provocato da una eruzione del Vesuvio e che stava per minacciare l’intera città (questa versione dei fatti è ritenuta più credibile rispetto alla prima).
Nel 1583, durante i lavori di restauro, disposti dall’abate Agnello Rosso, che, tra l’altro, vi fa trasferire anche alcune opere prelevate da altri antichi luoghi di Napoli chiusi culto, vengono ritrovati, sotto l’altare maggiore, i resti mortali di San Nostriano, vescovo a Napoli dal 444 al 461; vennero esposti al pubblico nel 1612.
La chiesa subì, nel corso degli anni, altri interventi di restauro, manutenzione e fortificazione delle strutture a causa eventi di calamità naturale, comprese le forti infiltrazioni di acqua piovana, tanto che fu disposto il divieto dell’afflusso del pubblico in chiesa e della celebrazione dei riti, murando completamente anche l’ingresso, per quasi tutto il XX secolo; fu persino privata di tutte le sue opere, trasferite altrove per la loro salvaguardia.
Il gruppo parrocchiale si trasferì nella vicina Chiesa dei Santi Filippo e Giacomo a decorrere sin dal lontano 1944. Allo stato odierno sono in corso dei restauri che dovrebbero, quanto prima, rendere la chiesa sicura per la popolazione che la frequenterà ed idonea per la ripresa delle celebrazioni rituali.