Napoli La storia del “GABINETTO SEGRETO”

Salendo lo scalone, a sinistra del piano ammezzato, si trova il famoso “Gabinetto Segreto”, nome dato dai Borbone ad alcune sale, il cui ingresso era riservato “alle sole persone di età matura e note per la loro moralità”. In queste sale era stato raccolta una variegata quantità di reperti tutti a sfondo erotico o sessuale, che aumentava sempre di più man mano che si andava avanti con i lavori degli scavi a Pompei e ad Ercolano; nel corso degli anni fu anche denominato “Gabinetto degli oggetti riservati e osceni”. Verso la metà del XIX secolo, questa collezione venne censurata perché ritenuta “politicamente pericolosa”; anzi fu proposto anche una radicale distruzione dei reperti fino ad allora raccolti, per la salvaguardia della buon nome  e della reputazione della Casa Reale. Ma l’intervento disperato del Direttore del Museo riuscì ad impedire un tale sacrilego proposito, facendo chiudere l’accesso ai visitatori e persino che alle porte d’accesso alle sale venissero montate tre tipi di serrature, ovviamente l’una diversa dall’altra, le cui chiavi furono date una al Direttore del Museo, una al Maggiordomo Maggiore della Famiglia Reale ed un’altra al  controloro di fiducia” a cui fu assegnata tale incombenza.

Poco tempo dopo si giunse al colmo dell’assurdo: furono censurate anche tutte le statue esposte che raffiguravano le “veneri nude” e rinchiuse in quelle sale, alle quali furono addirittura murate le porte d’ingresso, perché se ne perdesse la funesta memoria

Bisogna attendere la venuta di Garibaldi a Napoli, nel 1860, il quale aprì al pubblico, giornalmente, le sale del “Gabinetto Segreto”; non essendo stata reperita la chiave consegnata al  Maggiordomo Maggiore della Casa  Reale, Garibaldi ordinò di scardinare la serratura.

Ma di lì a poco, con la nascita del Regno d’Italia, arriva nuovamente la censura che  giunge al colmo durante i venti anni e più del “regime fascista”, tanto che, per poter far una visita culturale al Gabinetto Segreto, occorreva munirsi di Nulla Osta rilasciato dal Ministro dell’Educazione Nazionale a Roma.   Cosa ancor più assurda è che l’obbligata chiusura al pubblico e l’eventuale visita con il permesso ministeriale si è protratta fino al 1971, allorquando il Ministro di turno ha emanato provvedimenti regolamentari in ordine alle richieste di visite al Museo per quelle sezioni proibitive. E ciò nonostante, l’attesa è stata ancora lunga – si arriva nell’aprile del 2000 – prima che questa preziosa collezione, debitamente riallestita e ricollocata con logica e criterio, esponendo i diversi oggetti secondo la loro provenienza e per contesti originari, fosse riaperta al pubblico, grazie al forte contributo dato dall’archeologo Stefano De Caro, che, allora, ricopriva la carica di: Direttore Generale per i Beni Archeologici del Ministero per i Beni e le Attività Culturali.

Comunque, i minori di 14 anni non possono visitare le sale se non accompagnati da adulti (genitore, congiunto, insegnante) che se ne assumono ogni responsabilità al riguardo.