ALCUNI BREVI FATTI STORICI (E DI CURIOSITA’) TRATTI da “Storia di San Giovanni Rotondo” a cura di Giulio Giovanni Siena – www.padrepioesangiovannirotondo.it -.
} “Nel 1216 San Francesco D’Assisi si recò in pellegrinaggio alla Grotta di S. Michele. Il libro “Ex confermitate fratrum” riporta la notizia del suo passaggio per San Giovanni Rotondo. Di lì a poco dovette sorgere il convento più antico del paese, con una piccola chiesa, di cui oggi non resta altra traccia che un’immagine della Madonna dell’Incoronata di Foggia, incastonata nelle mura di un’abitazione privata in Traversa Cavallotti. Testimonianze scritte attestano che i resti del convento furono visibili fino agli inizi del 1700.”
} “Nel 1220 Federico II effettuò la revisione di tutti i Diplomi concessivi rilasciati in epoca Bizantina e Normanna agli Abati del Monastero di S. Giovanni in Lamis . Rilevò che San Giovanni Rotondo, derivando dall’antico Castel Bisanum preesistente alla istituzione della baronia badiale, era terra demaniale appartenente alla Corona. Per questo motivo al Papa, che si lamentava dell’espoliazione dei beni appartenuti al Monastero di San Giovanni in Lamis, obiettò che “Locus Lamae” (cioè San Giovanni Rotondo) era svincolato dal Monastero per decreto e, pertanto, potè e dovette assegnarsi secondo il diritto canonico e civile alla curia imperiale (Locus Lamae evictus est per sententiam ab Abate Sancti Iohannis de Lama, qui de eo velut de re feudali potuit secundum ius civile et canonicum in imperiali Curia conveniri...). Con ciò Federico II sottraeva la terra di San Giovanni Rotondo alla baronia badiale e la faceva rientrare nelle terre del regio demanio. Per questo affronto si guadagnò la scomunica a vita.
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} “ Il 2 novembre 1625 si inaugurò il Convento delle suore Clarisse, intitolato a Santa Maria Maddalena. Il convento sorse per disposizioni testamentarie dell’arciprete Berardino Galassi, che lo dotò di una rendita ricavata dalla vendita di tutti suoi beni, con obbligo di riservare ogni anno la somma di venti scudi per le necessità dei poveri del paese.”
} “Nel 1809 il convento si salvò dalla soppressione degli ordini religiosi, voluta da Gioacchino Murat, grazie ad una sorella del Ministro Giuseppe Ricciardi, suora nel convento di Foggia, la quale perorò la causa delle consorelle di San Giovanni Rotondo.
Una petizione del Consiglio Municipale, che mise in evidenza le finalità assistenziali della comunità religiosa, salvò il convento anche dalla soppressione degli enti religiosi disposta dal governo unitario (1866).”
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} “Il 30 luglio 1627 un terremoto devastante colpì San Giovanni Rotondo e molte persone restarono sepolte dalle macerie in zona “Porta del Lago”, soprattutto in via Biffa.”
} “Il 12 giugno 1630 aprì i battenti il Convento di San Domenico di Guzman, edificato a spese di D. Michele Cavaniglia in zona Santa Croce, nel luogo ove sorge oggi il palazzo Massa. Non avendo ottenuto il permesso di questuare e non essendo sufficiente la rendita assicurata dai Cavaniglia, i padri domenicani dovettero ben presto abbandonare il convento, che fu soppresso dal pontefice Innocenzo III con bolla del 1652.”
} “Il 16 dicembre 1631 il Vesuvio entrò in eruzione e le ceneri, giunsero copiose anche sul Gargano, spinte dalle correnti in quota. I sangiovannesi dormirono all’aperto, temendo la fine del mondo. Il terzo giorno la pioggia scese dal cielo sotto forma di fango e la gente si percosse il petto, invocando il perdono dei propri peccati. Poi tutto finì e la vita riprese.”
} “Nel 1656 la peste bubbonica mietè vittime in tutto il regno di Napoli. A San Giovanni Rotondo si contarono quattordici morti. L’apparizione di San Michele Arcangelo al vescovo di Manfredonia Alfonso Puccinelli, avvenuta mentre pregava e faceva penitenza, venne interpretata come un segno di Grazia. Il vescovo fece scheggiare piccole pietre della grotta miracolosa e vi fece scolpire un segno di croce con le iniziali del Santo (S+M). Richieste di pietre miracolose giunsero copiose da tutto il Gargano, in quanto si credette che avessero il potere di allontanare il pericolo. La peste fu scacciata così da quelle contrade con perdite di vite umane molto contenute. E cominciò anche l’uso di incastonare nei muri delle abitazioni, in apposita nicchia, una statua protettiva di San Michele scolpita con pietra di Monte Sant’Angelo.”
} “Nel 1676 tra il Duca Geronimo Cavaniglia e l’arcivescovo Vincenzo Maria Orsini , futuro papa Benedetto XIII, sorse un’aspra controversia riguardante l’amministrazione della chiesa San Leonardo Abate. I sangiovannesi si schierano con il duca. L’arcivescovo effettuò delle visite pastorali e rilevò che la popolazione praticava usi e costumi superstiziosi. Tra questi, quello delle donne zitelle che il martedì in Albis raggiungevano a piedi nudi la chiesa di Sant’Egidio, distante qualche chilometro dal paese, e si calzavano dietro l’altare quale segno propiziatorio per il matrimonio. Rilevò anche le pessime condizioni della chiesa matrice, ritenendola inidonea alla funzione di tempio di Dio. Pertanto ordinò la cessazione di ogni pratica superstiziosa e l’abbattimento della chiesa , con obbligo di riedificarla a spese della collettività. I sangiovannesi ignorarono l’interdetto e l’arcivescovo scomunicò tutti. In questo frangente si sviluppò un morbo misterioso che attaccò i sangiovannesi e provocò circa 500 vittime su una popolazione complessiva di 2690 anime. La gente pensò ad un castigo di Dio. Perciò si decise di avanzare al vescovo istanza di revoca della scomunica. Questa fu accolta soltanto dopo la sottomissione personale del duca e delle persone che avevano provocato la disobbedienza della popolazione.”
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} “All’alba del 19 marzo 1731 un fortissimo terremoto scosse la Puglia e il Gargano. Foggia fu particolarmente colpita. La terra tremò per lungo tempo. I sangiovannesi dormivano all’aperto. Per calmare la plebe l’Università eresse una chiesa di legno e in essa per parecchi mesi si celebrarono i riti religiosi.”
} “Il 21 maggio 1737 si ripeté il fenomeno del Vesuvio del 6 dicembre 1631. Questa volta però la cenere fu molto più copiosa, formando nei campi una coltre che raggiunse i sei centimetri. Il 24 maggio la pioggia trasportò la cenere in pozzi e cisterne, provocando la morte di uomini e animali. I sangiovannesi, venuti a sapere che il Gargano era sede di vulcani spenti, ebbero paura. Solo il 28 maggio la popolazione si rasserenò, quando da Napoli giunse una relazione che spiegava il fenomeno vesuviano.”
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} “Nel 1806 giunse nel Regno di Napoli Gioacchino Murat, con il fratello Giuseppe.
A San Giovanni si sparse la voce che a san Severo i francesi avessero usate molte violenze, come tagliare le orecchie e le dita delle donne, per portar loro via anelli ed orecchini. Lo storico sangiovannese Francesco Nardella racconta che i capi sangiovannesi, spaventati dalla ferocia distruttiva dei francesi decisero di far stillare dal seno delle giovani mamme il latte destinato ai propri figliuoli per ricavarne formaggio fresco da offrire agli ufficiali nemici. Questa singolare e commovente offerta avrebbe convinto i francesi a lasciare indenne l’abitato di San Giovanni Rotondo.”
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} “Nel 1820 l’ondata di liberalismo investì anche San Giovanni Rotondo. Nel paese vi era una vendita carbonara molto attiva, guidata dal Gran Maestro e Capitano dell’organizzata Legione D. Antonio Ventrella.
Ma erano attivi anche i Calderari, scontenti della costituzione promessa da Ferdinando I. Un cartello affisso in paese incitò i cittadini ad assassinare i carbonari, inneggiando all’arrivo degli austriaci. Sorde voci circolarono circa l’uccisione di tutti gli impiegati comunali e dei presunti autori delle “disposizioni che le circostanze imperiose de’ tempi richiedono”. “
} “Il 6 ottobre 1820 fallì un attentato a Don Filippo Bramante. Il suo somaro, invece, rimase ucciso dalle fucilate. Nel corso della stessa notte venne uccisa una vacca del sindaco Don Giovanni Verna.”
} “Nei mesi di luglio ed agosto 1837 il colera fece in paese oltre cento vittime.”
} “Verso la fine di dicembre 1846 quindici giovani sangiovannesi si recarono a piedi a Cagnano Varano per acquistare anguille per le festività natalizie. Per ritornare scelsero la strada più breve. Ma una tempesta di vento e neve li colse per strada. Giunti stremati sulla cima della montagna che sovrasta il paese, il freddo e il vento li uccise tutti, uno ad uno. I soccorritori trovarono i loro corpi congelati, poco distanti l’uno dall’altro, all’aperto o in ricoveri di fortuna.”
} “Nel 1848 lo spirito repubblicano eccitò spirito pubblico sangiovannese. Una decina di individui furono accusati di “tentata cospirazione onde cambiare o distruggere l’attuale forma di Governo ne’ principi di Novembre 1848″. Alcuni di loro avrebbero protratto il loro impegno patriottico per decenni per poi essere presi e uccisi dai filoborbonici durante la reazione sangiovannese filoborbonica del 1860.”
} ”Negli anni 1850, 1858 e 1862 tre alluvioni colpirono il paese. La più violenta fu quella del 3 ottobre 1862, causata dallo smottamento dei massi accumulatisi nella valle Porta Suso. L’acqua, raccoltasi copiosamente, trascinò con sé detriti e pietre e investì con violenza moltissime case. Diversi muri crollarono e i sottani si riempirono di acqua e fango, con perdita di mobili, suppellettili e generi alimentari.
“Se la pioggia avesse continuato per un’altra mezz’ora, o se le macerie delle vigne fiancheggianti la summenzionata Valle non avessero cedute all’impeto della corrente, (il paese) sarebbe stato portato via con tutti gli abitanti”. ”
} “Il colera tornò ad uccidere dal nove agosto al 5 ottobre 1854 . Questa volta si contarono 506 casi di contagio e 182 morti.”
} “Nel 1852 un’invasione di cavallette attaccò il raccolto. Nel mese di maggio nel tenimento di S. Giovanni Rotondo operavano circa 400 persone con 17 “rachene”, che assicuravano giornalmente la distruzione di 70 tomoli di cavallette . Le rachene erano lunghi teli, tesi per sbarrare il volo dei fastidiosi insetti. Le cavallette cadevano a terra e venivano uccise. Un’altra delle tante invasioni disastrose avvenne nell’anno 1871, con la distruzione completa del raccolto di grano; le cavallette invasero anche le case, caddero ed imputridirono nei pozzi e nelle cisterne, inquinando le riserve di acqua.”
} “Il 2 ottobre 1859 la Gran Corte Criminale di Lucera sottopose a giudizio Guglielmo Fabrocini, accusato di“fabbricazione e detenzione di distintivi settari” ossia di “coppola tricolore”. Una sua domanda di grazia, per poter tornare con la moglie e i quattro figlioli, fu respinta. Il Fabrocini sarà ucciso durante la reazione borbonica del mese di ottobre 1860. La reazione borbonica scoppiò in occasione del plebiscito per l’Unità d’Italia. Una ventina di soldati sbandati dell’esercito borbonico e alcuni maggiorenti del paese, tutti filoborbonici, fecero arrestare e poi uccidere in carcere, con cruenza indicibile, ventiquattro galantuomini liberali sangiovannesi. Con quella strage la Plebe segnò la propria rovina, perché gli uomini uccisi erano quelli che intendevano farla uscire dal suo stato miserando. I nomi dei ventiquattro martiri della Patria sono scolpiti su una lapide affissa sulla facciata del palazzo municipale e, malgrado qualche tentativo di farla sparire, vi resterà per sempre, per ricordare ai posteri il loro sacrificio. Arrivato l’esercito con oltre mille uomini e diversi cannoni, tornò la calma. Dieci reazionari furono presi, processati e fucilati. Altri tre condannati godettero della grazia sovrana.”
} “Il 17 aprile 1864 la Guardia Nazionale sangiovannese, sotto il comando di Don Federico Verna, intercettò la Banda Cicognitto, forte di 12 briganti, con la quale ingaggiò un violento conflitto al fuoco. I soldati catturarono due briganti e ne ferirono altri, mentre il resto della banda riuscì a fuggire. Per questo atto di valore la Guardia Nazionale si guadagnò un premio in denaro di ducati 984 della Commissione Provinciale. Nei mesi di luglio e settembre 1886 l’ennesima epidemia colerica attaccò 475 sangiovannesi. I morti questa volta furono 183. Morì anche il medico Dr. Francesco Giuva che tanto si è prodigò per salvare i malati. A 150 orfani la Provincia, per mitigare la loro sventura, assegnò un sussidio, variabile a seconda della perdita di uno o di entrambi i genitori.”
} “Nel 1875 il Sindaco presentò una domanda per divisione del demanio delle Costarelle e di Cicerone. Pervenuto l’assenso, dai due demani si ricavarono 583 quote per altrettanti capofamiglia (1976). Nella notte tra il 5 e il 6 dicembre 1875 si verificò il più forte terremoto a memoria d’uomo. Ebbe un moto sussultorio – ondulatorio e durò dodici interminabili secondi. Soffitte e solai si aprirono con pioggia di calcinacci; i mobili si spostarono nelle stanze. Si contò una sola vittima, ma le case lesionate ammontarono a più di trecento. La gente, atterrita dalle continue scosse di assestamento, continuò a dormire per circa un mese in baracche e altri luoghi più sicuri.”
} “Il 31 gennaio 1909 il Consiglio comunale di S. Giovanni Rotondo deliberò di dare in affitto il convento di Santa Maria delle Grazie ai Padri minori cappuccini Francesco Latiano e Nicola Ciavarella, per ventinove anni, a condizione di tenere aperta al pubblico l’annessa chiesa. Questa volta ci fu l’approvazione da parte della Giunta provinciale. E’ questo l’ultimo atto di una lotta amministrativa con le autorità provinciali, durata diversi decenni, intrapresa per consentire il ritorno dei frati nel convento, chiuso con la soppressione degli ordini religiosi del 1866.
Questo provvedimento finirà per spalancare le porte a Padre Pio da Pietrelcina.”
}}} Altro evento sanguinoso e di crudeltà si ebbe il 14 ottobre 1920: in quel giorno si stava insediando al comune la lista dei socialisti che aveva vinto le elezioni – 1069 voti a favore – contro una coalizione popolare-fascista, la cosiddetta “ Arditi di Cristo” – voti 850 -. Per evitare eventuali disordini da parte degli eletti e dei loro simpatizzanti, furono chiamati a mantenere l’ordine pubblico 40 carabinieri e 82 soldati. La scintilla, che poi provocò il disordine paventato, fu scoccata quando si volle esporre la bandiera rossa dal balcone della casa municipale contro la volontà dei fascisti e popolari. Gli scontri dei manifestanti con le forze dell’ordine furono violenti e, dopo l’uccisione del carabiniere Vito Imbriani, si fece fuoco da ambo le parti ed il bilancio finale fu di 14 morti lasciati su quel campo di battaglia.