NATUZZA EVOLO – LA VITA

Natuzza Evolo, all’anagrafe Fortunata Evolo, nacque il 23/8/1924 e morì il 1° novembre 2009 a Paravati, una frazione di oltre tremila abitanti ad un km. dal comune di Mileto, in provincia di Vibo Valentia, attraversato dalla strada statale 18 della Salerno/Reggio Calabria.

Una famiglia molto povera la sua; un mese prima che nascesse, il papà Fortunato, vinto dalla disperazione e dalla miseria familiare, decise di emigrare in Argentina in cerca di fortuna. Non rientrò più in Italia e no rivide più la sua famiglia, anzi – sembra – creata un’altra nel Paese di emigrazione.

La mamma, Maria Angela Valente, si ritrovò da sola ad accudire se stessa e Natuzza ancora piccolissima; non disdegnò, quindi, di affrontare lavori molto umili per fronteggiare il fabbisogno familiare.

Questo è anche uno de motivi per cui Natuzza non ricevette un’istruzione scolastica né una formazione religiosa, vuoi anche perché, nei confronti della madre, si sollevò una forte critica popolare in ordine alla sua condotta ritenuta immorale perché, da sola e senza marito, aveva incrementato la famiglia con la nascita di altri 4 figli, vuoi perché ad accudire alla nidiata doveva pensarci Natuzza, la quale, anche per l’accresciuto fabbisogno familiare, all’età di 14 anni andò a lavorare come governante in casa dell’avv. Silvio Colloca, la cui famiglia, nel vederla molto sveglia e brava nelle faccende domestiche, da subito, ripose in lei una gran fiducia, tanto che le affidarono anche le chiavi della cassetta dei soldi.

Ma fu proprio in quella casa che Natuzza diede conferma alla sua vita da mistica, vivendo fenomeni paranormali con la visione di persone defunte. In  precedenza, all’età di 8 anni, le apparve San Francesco da Paola, un santo calabrese del XV-XVI secolo (1416/1507); a 10 anni cominciarono ad apparirle le prime stimmate; erano piccole lesioni o piccoli fori sui piedi e sui polsi, che comparivano all’improvviso in una forma molto dolorosa. Tutto restò un gran segreto per lei; soltanto il nonno ne era a conoscenza, perché le medicava le ferite sanguinanti.

Man mano che cresceva aumentavano anche le stigmate in quasi tutto il corpo e soprattutto nei punti in cui si vuole vi siano state le piaghe di Gesù; ma Natuzza tenne sempre tutto segreto, neppure il marito ne fu consapevole fino a che, nel 1965, non poté più negargli l’evidenza.

Quando fece la prima comunione, nel prendere l’ostia le si riempì la bocca di sangue, che lei ingoiò e pensò di aver ingoiato il “Corpo di Cristo”; ebbe paura e, senza dire niente al suo parroco, corse a casa dispiaciuta e pentita credendo di aver commesso chissà quale grande peccato.