Isola del Gran Sasso d’Italia e la vita di San Gabriele dell’Addolorata

San Gabriele dell’Addolorata, all’anagrafe Francesco Possenti (familiarmente soprannominato “Cecchino”), è nato ad Assisi il 1º marzo del 1838  ed è morto nel Comune di Isola (del Gran Sasso d’Italia) il 27 febbraio del 1862.

E’ stato un religioso della Congregazione della Passione di Gesù Cristo, i cosiddetti Padri Passionisti; fu proclamato santo nel 1920 da papa Benedetto XV ed è dalla Chiesa commemorato il 27 febbraio,  quale patrono dell’Abruzzo e della Gioventù cattolica italiana.

Era l’undicesimo tra tredici figli e suo padre Sante, all’epoca era governatore (l’odierno prefetto) ed Assisi era parte dello Stato Pontificio con i papi Gregorio XVI prima e Pio IX dopo.

Ricevette il battesimo nello stesso giorno in cui nacque, presso la stessa fonte battesimale in cui era stato battezzato San Francesco d’Assisi –motivo per cui venne chiamato anche lui.

Perse sua madre, Agnese Frisciotti, alla tenera età di quattro anni; da questo momento in poi, sia Francesco che gli altri componenti la famiglia subirono la stessa sorte nomade che subì anche il padre, il quale, per motivi di lavoro legati alla sua importante professione, era soggetto a vari e continui spostamenti, fino a quando Spoleto offrì alla numerosa famiglia Possenti una sede stabile, con l’occupazione del padre presso il Tribunale della città. In questa nuova città, Francesco frequentò le scuole cristiane e dei Gesuiti.

Una vita normale la sua; era di animo buono e gentile sin da ragazzo, generoso con i poveri, visitava e consolava gli ammalati, si mostrava affettuoso ed estroverso con tutti e, come tanti della sua età di quel periodo, amava il ballo, il teatro e le battute di caccia, tanto che una volta, in una di queste ultime, rischiò la vita in un incidente.

Durante il corso di una normale malattia, fece voto di diventare religioso se fosse guarito. Si ammalò due volte e due volte guarì, ma Francesco prolungò l’impegno promesso, era molto combattuto e non riusciva ad avere un ferma decisione, continuando a frequentare la scuola e, con la semplicità che lo contraddistingueva sempre, viveva la sua vita all’insegna di un normale divertimento giovanile e, perché no, di una frequentazione di giovinette spoletine attratte sia dalla sua semplice personalità che dal suo bello aspetto fisico.

La decisione venne quando accadde che, prima, affranto per la perdita dell’amata sorella Maria Luisa, la quale, in quanto femmina e primogenita, si era preso cura di portare avanti la numerosa famiglia all’indomani della morte della madre, e, successivamente, momento molto più significativo, nel giorno 22 agosto 1856, durante la processione dell’immagine sacra della Madonna del duomo di Spoleto, a Francesco parve di sentire una voce nel suo interno, che lo esortava a lasciare la sua vita borghese vissuta fino ad allora e ad intraprendere quella religiosa dei Padri Passionisti – riconobbe essere la voce della madre che lo esortava: “Francesco, cosa stai a fare nel mondo? Segui la tua vocazione!”

Incontrò non pochi ostacoli da parte del padre Sante, ma Francesco riuscì a persuaderlo di essere ormai convinto della sua vera e grande vocazione religiosa.

All’età di 18 anni, Francesco prese i voti nella comunità dei Padri Passionisti, i quali gli attribuirono il nome di “Gabriele dell’Addolorata”, in virtù della forte devozione nata in lui sin dalla prima infanzia grazie anche alla madre, donna pia e  molto devota, la quale conservava in casa, rigorosamente e con molta cura, una piccola statua della Pietà, cioè la Madonna Addolorata.

Completò il periodo del noviziato e pronunciò il voto proprio dei Padri Passionisti con l’impegno di diffondere la devozione e l’amore per il Cristo Gesù, al quale aggiunse, poi, anche quello per la devozione ed all’amore per la Vergine Addolorata.

Tanti i suoi scritti, per la maggior parte lettere e pagine cariche di intensa spiritualità, tutte incentrate sulla sua forte devozione ed amore a Gesù ed alla Vergine Maria, molto meglio evidenziato nelle “Risoluzioni” , in cui descrive, con minuziosi particolari, i motivi della prescelta via che gli avrebbe consentito, poi, di raggiungere la perfezione secondo la regola dei Padri Passionisti, che visse soltanto per sei anni, fino alla sua morte.

Negli ultimi due, già entrato nella comunità di Isola, si ammalò dell’incurabile tubercolosi ossea; nonostante tutto, cercò di seguire e vivere pienamente la vita comunitaria quando il suo stato di salute, che si aggravava di giorno in giorno, glielo consentiva. Gli riuscì di farlo fino a due mesi prima della sua morte, seguendo le celebrazioni eucaristiche, con la sua impeccabile serenità d’animo, tanto che i suoi confratelli anelavano di trascorrere buona parte del loro tempo con lui al suo capezzale, oltre ai normali  e quotidiani doveri di assistenza.

Giunse presto in San Gabriele la rassegnazione alla sua morte, ormai prossima, e prima ancora che potesse essere ordinato sacerdote; l’ordinazione venne meno per i gravi motivi di salute, ma anche per le gravissime turbolenze politiche in cui era caduto l’Abruzzo passato dal Regno delle due Sicilie al Regno d’Italia.

San Gabriele abbandona questo mondo terreno  il 27 febbraio del 1862, alla giovanissima età di 24 anni, nella comunità dei Padri Passionisti di Isola del Gran Sasso (TE), stringendo fortemente sul suo cuore un’immagine della Madonna Addolorata.

Bisogna aspettare circa quarant’anni perché papa Pio X lo proclamasse beato. Papa Benedetto XV lo ha santificato nel 1920;  papa Pio XI, poi, lo ha elevato a patrono della gioventù cattolica, ed ancora dopo papa Giovanni XXIII, nel 1959, lo ha eletto a patrono dell’Abruzzo, nonostante abbia trascorso soltanto gli ultimi tre anni della sua vita.

La sua protezione è fortemente  implorata dai seminaristi, dai novizi, dagli ammalati, nonché da tantissimi giovani studenti della regione Abruzzo, e non solo, i quali, a 100 giorni prima dell’esame finale della maturità delle scuole medie superiori, si recano devotamente al Santuario di San  Gabriele per presenziare alla funzione eucaristica e partecipare alle tante riunioni di preghiere recitate per il superamento della loro prova d’esame, pur trasformandosi, poi, in una festa molto contenuta in un contesto di pace, serenità ed allegria.

Si ritrovano ogni anno, a fine agosto, a cui si aggiungono altri giovani provenienti da altre regioni italiane, e restano accampati per cinque giorni nei pressi del Santuario per dar vita ad una sempre nuova e crescente “tendopoli – festa dei giovani”; è un vero e proprio meeting religioso, in cui si cercano e non mancano veri e seri incontri spirituali e testimonianze religiose per un’eventuale conferma  anche per le proprie scelte di vita e vocazioni.

Non è da sottovalutare, anzi è particolarmente da ricordare la sua venerazione da parte dei tanti abruzzesi emigrati in ogni parte del mondo, come U.S.A., America centrale e meridionale, Canada ed Australia.